La vicenda è piuttosto nota: nel giugno 2023, la piattaforma Uber Eats ha annunciato la decisione di abbandonare il mercato italiano, provvedendo alla disattivazione degli account dei ciclofattorini impiegati (stimati nel numero di quattromila lavoratori). L’improvvisa decisione datoriale è stata prontamente impugnata dalle tre organizzazioni di categoria della Cgil che rappresentano i riders, denunciando l’antisindacalità ex art. 28 St. lav. del mancato coinvolgimento con riferimento alle procedure di informazione e consultazione collettiva previste dalla legislazione in tema di licenziamenti collettivi (l. n. 223/1991) e dalla c.d. legge anti-delocalizzazioni (l. n. 234/2021), che ancor prima del licenziamento collettivo impone all’impresa, che decida di chiudere una sede o uno stabilimento per cessazione dell’attività, un confronto su soluzioni utili a ridurne l’impatto sociale.
Ancora una volta, la prospettiva di quali tutele riconoscere ai lavoratori digitali passa attraverso la qualificazione del loro rapporto di lavoro, giacché anche l’obbligo di confronto sindacale si applica solo ai lavoratori subordinati. Con il decreto del 28 settembre 2023, il Tribunale di Milano si pone sulla scia delle decisioni di merito che, discostandosi dall’unica pronuncia sin qui resa dalla Cassazione sui riders (la sentenza del 24 gennaio 2020, n. 1663), hanno individuato nella relazione tra i fattorini e la piattaforma una vera e propria “dipendenza” contrattuale ed economica, evidenziata oltremodo dai particolari meccanismi di incentivo e penalizzazione algoritmici che inducono il rider a rendersi disponibile quanto più possibile.
Dal riconoscimento della natura subordinata del rapporto deriva dunque che la piattaforma di food delivery, prima di procedere alla comunicazione dei recessi, avrebbe dovuto attivare con le organizzazioni sindacali le procedure di consultazione previste in caso di delocalizzazioni e le procedure di informazione e consultazione in materia di licenziamenti collettivi. Né, come peraltro sottolinea il Tribunale di Milano, a un diverso esito si sarebbe giunti qualificando i riders come collaboratori etero-organizzati – come ha fatto la Corte di Cassazione nel 2020 – poiché l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato, riconosciuta dall’art 2 del d.lgs. n. 81/2015 in tema di collaborazioni etero-organizzate, «si estende alla dimensione collettiva dei diritti dei lavoratori stessi», idonea a garantire il rispetto e l’affermazione dei diritti individuali.
Alla dichiarazione di antisindacalità consegue dunque non solo l’ordine di avviare le trattative sindacali, ma prima ancora quello di revocare tutti i recessi, atteso che, come scrive il Giudice, «non avrebbe alcun senso la riattivazione di un processo di relazioni sindacali se rimane intatta la deliberazione più incisiva in termini negativi delle posizioni giuridico-patrimoniali dei lavoratori».
Il provvedimento è stato confermato in toto nel marzo 2024, in sede di opposizione di fronte allo stesso Tribunale di Milano.
Giuseppe Antonio Recchia