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È discriminatoria la piattaforma INPS che non consente ai genitori dello stesso di accedere ai congedi 

by info@italianequalitynetwork.it

Il Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice del lavoro, ha ordinato all’INPS di “modificare … il proprio sistema informatico di ricezione delle domande amministrative [per i congedi previsti dal Tu Maternità e Paternità], rendendo possibile alle coppie che risultino genitori dai registri dello stato civile di inserire i loro codici fiscali e ogni altro dato rilevante e di completare così l’iter informatico della domanda, a prescindere dal loro sesso”. 

 La condanna è l’esito di un’azione per discriminazione collettiva ai sensi dell’art. 5 co.2 d.lgs. 216/2003 portata avanti da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ (l’associazione ricorrente del noto caso Taormina avanti alla Corte di giustizia) che tramite la collaborazione con la CGIL – poi intervenuta in in giudizio a sostegno dell’azione – ha dimostrato che il piattaforma web in uso presso tutti i patronati e tramite cui ogni cittadino e cittadina deve presentare istanza per i diversi istituti di astensione riconosciuti a genitori che lavorano non consentiva di indicare, dove richiesto, le generalità di due persone dello stesso sesso, dal momento che la normativa nazionale fa sempre riferimento al binomio “madre/padre”. 

 Accogliendo le argomentazioni dell’associazione ricorrente, il Tribunale ha riconosciuto che le coppie di genitori dello stesso sesso indicati come tali nei registri dello Stato civile (v. Martina Flamini su questo sito) sono in una situazione del tutto identica a quella di una coppia di genitori eterosessuali e che quindi “sia gli uni sia gli altri possono ottenere il riconoscimento dei loro diritti ex d.lgs. 151/2001, a seconda che sussistano o meno gli elementi della fattispecie costitutiva, vagliati dall’INPS in seguito alla necessaria proposizione della domanda amministrativa”. 

Nel dettaglio, gli istituti di astensione per i quali è stata promossa l’azione erano il congedo di maternità/paternità alternativo (artt. 16/28 e 26/31 d.lgs. 150/01, anche per le indennità del lavoro autonomo degli artt. 64 e 66) il congedo di paternità obbligatorio (art. 27 bis) il congedo parentale (art. 32), per il quale e i riposi giornalieri (cd. permessi per allattamento di cui agli artt. 39 e 40). 

In corso di causa l’INPS, pur negando la fondatezza della domanda e nel merito il diritto della coppia di genitori dello stesso sesso a godere dei medesimi istituti riconosciuti a una coppia di sesso diverso, ha rimosso gli ostacoli informatici che non consentivano di accedere al congedo parentale, di fatto riconoscendo che l’uguaglianza del sesso dei genitori non può costituire un limite nel godimento del diritto. 

 Trattandosi di istituti che rientrano nella nozione di condizioni lavoro (e le relative indennità in quella di retribuzione) trova applicazione il divieto di discriminazione per orientamento sessuale di cui alla Direttiva 2000/78 (come recepito dal d.lgs. 216/2003) e dal momento che nessun congedo è riconosciuto solo laddove ci sia stato l’evento del parto, i benefici citati ben possono essere estesi anche ai genitori dello stesso sesso che hanno esigenze di cura uguali a quelle dei genitori eterosessuali. 

L’INPS ha impugnato la sentenza avanti alla Corte di appello di Brescia che ha sospeso l’efficacia della decisione in ragione del tempo assai ristretto assegnato all’INPS per una modifica molto complessa in attesa di decidere nel merito. 

La massima della sentenza e il testo sono consultabili qui.

Nota a cura della redazione

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