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Corte Edu, 08.03.2022, Zakharova et al. c. Russia (Ricorso n. 12736/10)
| | |Art 14 (+ Art 11) - Inadempimento degli obblighi positivi di garantire una protezione giudiziaria efficace e chiara contro le discriminazioni basate sull\'appartenenza sindacale, attraverso il licenziamento dei dipendenti - Domanda delle ricorrenti respinta dal giudice nazionale per difetto di prova, nonostante vi fossero elementi dai quali prima facie potesse individuarsi una discriminazione e l’onere della prova gravasse sul datore di lavoro
Nel caso di lavoratori che lamentino di aver subito un licenziamento discriminatorio, la reintegra sul luogo di lavoro fondata sul rilievo di una violazione procedurale, in assenza di espresso riconoscimento da parte delle autorità circa l’avvenuta discriminazione, non è sufficiente ad escludere per tali lavoratori lo status di vittime di una discriminazione ai sensi dell’art. 34 della Convenzione.
Qualora la parte ricorrente dimostri di aver subito una disparità di trattamento, spetta allo Stato dimostrare che tale disparità di trattamento fosse giustificata. Nel caso in cui il ricorrente abbia dimostrato prima facie gli estremi di una discriminazione non è sufficiente per i giudici nazionali rilevare genericamente l’infondatezza delle allegazioni sulla dedotta discriminazione. In tal caso l’onere della prova circa la legittimità del licenziamento deve gravare sul datore di lavoro.
Con riferimento all’individuazione degli elementi prima facie in grado di invertire l’onere probatorio la Corte può liberamente apprezzare tutte le prove, può basarsi su deduzioni forti, chiare e concordanti, tratte dai fatti e dalle dichiarazioni delle parti, e su presunzioni di fatto non oggetto di confutazione.
Può individuarsi una discriminazione prima facie qualora emergano complessivamente elementi che un osservatore indipendente potrebbe ritenere sufficienti per concludere ragionevolmente che l’appartenenza dei ricorrenti ad un gruppo protetto abbia avuto un ruolo preponderante nel trattamento dagli stessi subito da parte del loro datore di lavoro.
Art 14 (+ Art 11) - Failure to fulfil positive obligations to ensure effective and clear judicial protection against discrimination on grounds of trade union membership, through dismissal of employees - Applicants’ claim dismissed by domestic court as unsubstantiated, despite demonstration of a prima facie case of discrimination and shifting of burden of proof onto employer
Employees claiming to have been dismissed on discriminatory grounds, who have been reinstated based on a procedural violation - without express acknowledgment of the discrimination by national authorities - may claim to be the victims of the alleged discriminatory treatment for the purposes of Article 34 of the Convention.
Once the applicant has shown a difference in treatment, it is for the Government to show that it was justified. Once the applicants had demonstrated a prima facie case of discrimination, it is not sufficient for national judges to issue a general statement that the applicants’ allegations of discrimination were unsubstantiated. The burden of proof on the legitimate ground for the dismissal has to be shifted to the employer.
As regards the question of what constitutes prima facie evidence capable of shifting the burden of proof, the Court is supported by the free evaluation of all evidence, including sufficiently strong, clear and concordant inferences as may flow from the facts and the parties’ submissions and from unrebutted presumptions of fact.
A prima facie discrimination may be found when the elements of the case, taken as a whole, are sufficient so that an independent observer could reasonably draw an inference that the applicants’ belonging to a protected group could have played a principal role in the way they had been treated by their employer.
Analisi di Emanuela Vitello nella rubrica Anti-discrimination Watch