Inspiegabile “errore”, passato attraverso due governi, nella istituzione del “bonus patenti autotrasporto”, introdotto per cercare di rispondere alla cronica carenza di autisti per il trasporto merci e persone, segnalata da tempo dalle associazioni datoriali dell’autotrasporto (secondo la Word Road Transport Organisation nel 2022 vi era una carenza di 600.000 autisti, con una previsione di 2.000.000 per il 2026 e una età media attuale troppo elevata).
Ebbene l’art. 1 DL 10.9.21 n. 121, convertito con modificazioni nella L. 156/2021, ha stanziato 3,7 milioni di euro per l’anno 2022 e 5,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, per la concessione, per il medesimo periodo, di un contributo “pari all’80 per cento della spesa sostenuta e comunque di importo non superiore a 2.500 euro, in favore dei cittadini di età compresa fra diciotto e trentacinque anni per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’attività di autotrasporto di persone e di merci”.
Con Decreto Interministeriale 30.6.2022, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha però stabilito che “possono beneficiare del programma i cittadini italiani ed europei che… abbiano un’età compresa tra i diciotto e i trentacinque anni…”.
L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) ha contestato in giudizio la limitazione ai soli italiani o europei, vedendo accolte le domande.
Alcuni passaggi della decisione meritano di essere segnalati: la conferma, nell’ambito dei giudizi antidiscriminatori, della giurisdizione dell’AGO anche quando venga in rilievo un atto di portata generale come un decreto interministeriale; la legittimazione attiva delle associazioni iscritte nell’elenco di cui all’art. 5 d.lgs. 215/03 anche per la contestazione delle discriminazioni per nazionalità e non solo per quelle inerenti l’origine etnica; la inesistenza di un vincolo nella previsione di legge che faceva riferimento ai “cittadini”, espressione che – soprattutto alla luce dei principi costituzionali e euro-unitari – deve essere letta come riferita ai consociati; infine la erroneità della difesa erariale che pretendeva (come sovente accade in situazioni analoghe) di qualificare la prestazione come un generico “beneficio”, sottratto ai vincoli che, ai sensi dell’art. 43 TU Immigrazione, regolano l’accesso a beni e servizi e l’accesso all’occupazione (e ovviamente anche l’accesso alle misure che favoriscono l’occupazione, come il conseguimento di una patente per trasporto merci o persone).
Di particolare rilievo però è il rigore con il quale il Tribunale ha individuato i rimedi, che il giudice ha correttamente indicato nella riapertura del bando indipendentemente da uno specifico ordine di rifinanziamento del fondo, evidentemente sul presupposto – confortato dalla giurisprudenza della CGUE – che le questioni di bilancio non possano essere di ostacolo al ripristino della parità di trattamento, ove imposta dalla legge. Ne è derivato un ordine che – a conferma delle difficoltà che incontra il ripristino della parità di trattamento – si palesa di difficile esecuzione: si consideri infatti che, ai sensi del DM, l’accesso al bonus era garantito “fino ad esaurimento fondi” e dunque risulterà particolarmente complesso ricollocare il nuovo richiedente nella ipotetica posizione temporale che avrebbe avuto qualora il bando fosse stato sin dall’inizio formulato correttamente.
La Redazione