An introduction to the thematic area “Crimes against equality”
La nuova centralità del diritto penale antidiscriminatorio impone una riflessione più approfondita sui delitti contro l’uguaglianza, di recente introdotti, a seguito della c.d. “riserva di codice”, nell’ambito del codice penale. A questo tema, e in particolare ai crimini d’odio, è dedicata la prima area tematica della presente Sezione penalistica.
The new centrality of anti-discrimination criminal law requires a more in-depth reflection on crimes against equality, recently introduced, following the so-called “riserva di codice”, in the context of the criminal code. The first thematic area of this Criminal Law Section is dedicated to this topic, and in particular to hate crimes.
La necessità di prevedere, all’interno di IEN, una sezione precipuamente dedicata al diritto penale nasce dalla constatazione di una sempre maggiore rilevanza e centralità del “diritto penale antidiscriminatorio”. La disciplina penalistica in materia di delitti contro l’uguaglianza costituisce la spina dorsale di questa “nuova frontiera”, come acutamente osserva Francesco Palazzo, del diritto penale. Una frontiera “mobile” che talora rischia di entrare in tensione con consolidati principi penalistici e costituzionali e la cui importanza, ciò nonostante, non può essere ignorata in una prospettiva che voglia contemperare libertà e solidarietà. Una visione solidaristica non può prescindere dall’attenzione alla vittima di reato: la nuova rilevanza attribuita agli speciali bisogni delle vittime di reato, sia in sede europea ed internazionale, sia nell’ambito della legislazione interna, è la ragione fondante di una riflessione più approfondita sulla disciplina penalistica di riferimento – ora contenuta nella nuova Sezione I-bis del Titolo XII, Capo III del codice penale – nella quale, possiamo dire, trova codificazione la categoria dei c.d. crimini d’odio (o hate crimes). Significativo è il richiamo della Direttiva UE 29/2012, all’art. 22, agli speciali bisogni delle vittime di crimini d’odio, ossia quei crimini ispirati da un motivo di pregiudizio nei confronti di una caratteristica protetta appartenente ad un gruppo, come può essere la razza, l’etnia, la nazionalità, la religione o altre caratteristiche simili tra le quali si fa oggi rientrare anche il sesso, il genere, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e la disabilità, tutte caratteristiche oggetto di riconoscimento nel disposto dell’art. 3 della Carta Costituzionale italiana.
La problematicità della disciplina in esame – specie della categoria del discorso d’odio (hate speech) – rispetto ad alcuni principi penalistici e costituzionali sollecita una attenta considerazione delle pronunce in materia di diritto penale antidiscriminatorio, siano esse di legittimità, di merito o provengano dalla Consulta, nonché da organi giudiziari stranieri o sovranazionali.
Nell’ottica vittimologica va dunque interpretata anche la scelta di dividere questa sezione penalistica in due aree tematiche: la prima, curata dalla sottoscritta, con la collaborazione dell’Avv. Ettore Zanoni, dedicata, come si è pocanzi detto, alla giurisprudenza (ed alla dottrina) in materia di delitti contro l’uguaglianza, declinati nelle loro diverse forme di manifestazione contro i gruppi protetti, la seconda, curata dal Dott. Fabrizio Filice, dedicata alla violenza di genere, dunque a quella particolare forma di crimine d’odio (gender hate crime) che sempre più perniciosamente, secondo le statistiche, colpisce la vittima femminile.
Luciana Goisis, prof.ssa associata dell’ Università di Sassari