Editorial note on CJEU judgment of 17.11.22, case C-304/21, VT
L’articolo contiene la sintesi di una recente sentenza della CGUE in materia di discriminazione per età: il caso riguarda il limite di età di 30 anni previsto dalla legge italiana per la partecipazione al concorso da commissario della Polizia di Stato, e la decisione della Corte viene confrontata con tre precedenti sentenze che hanno trattato casi analoghi.
The article contains a summary of a recent CJEU ruling on age discrimination: the case concerns the 30-years age limit under Italian law for participation in the competition for commissioner of the State Police, and the Court’s decision is compared with three previous rulings that dealt with similar cases.
La Corte di Giustizia UE si è pronunciata sulla compatibilità con il divieto di discriminazioni basate sull’età della norma di legge italiana (art. 3 D.Lgs. 334/2000) che fissa a 30 anni il limite massimo di età per la partecipazione al concorso per il conferimento di posti di commissario della Polizia di Stato (questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, ord. 23.4.2021 n. 3272).
La Corte riconosce che l’essere in possesso di capacità fisiche particolari è una caratteristica legata all’età, e che il fatto di essere in possesso di capacità fisiche particolari per poter adempiere missioni della polizia – quali proteggere le persone e i beni, assicurare il libero esercizio dei diritti e delle libertà di ciascuno, nonché garantire la sicurezza dei cittadini – può essere considerato un requisito essenziale e determinante per l’esercizio della professione, ai sensi dell’art. 4, par. 1, della Direttiva 2000/78.
Tuttavia, poiché l’affermazione del giudice del rinvio secondo cui le funzioni del commissario di polizia sono essenzialmente direttive e di carattere amministrativo, tali da non richiedere capacità fisiche particolarmente significative, era stata contestata dal Governo italiano, la Corte ha rimesso al giudice del rinvio di determinare quali siano le funzioni effettivamente esercitate dai commissari della Polizia di Stato e, quindi, di stabilire se il possesso di capacità fisiche particolari sia un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa: in caso negativo, il giudice del rinvio dovrà concludere che l’art. 4, par. 1, della Direttiva 2000/78 “osta” alla normativa italiana di cui trattasi (il citato art. 3 D.Lgs. 334/2000).
Viceversa, qualora constati che il possesso di capacità fisiche particolari costituisce un requisito essenziale e determinante per l’esercizio delle funzioni di commissario di Polizia, il giudice del rinvio dovrà poi verificare se il limite di età di 30 anni per la partecipazione al concorso persegua una finalità legittima e se sia proporzionato.
A questo proposito, la Corte osserva che il concorso per il posto di commissario della Polizia di Stato prevede una prova di efficienza fisica, il cui mancato superamento comporta l’esclusione del candidato dal concorso, e rileva che ciò potrebbe costituire una misura adeguata e meno restrittiva rispetto alla fissazione del limite massimo di età a 30 anni.
Inoltre, la Corte sottolinea che la stessa normativa italiana prevede alcune deroghe al limite di età di 30 anni (è prevista una riserva di posti a favore degli agenti già in servizio che non abbiano più di 40 anni, il limite di età è aumentato fino a 33 anni per i candidati che hanno prestato il servizio militare, ed è fissato a 35 anni per il personale dell’Amministrazione civile del Ministero dell’Interno) ed osserva che l’esistenza di tali deroghe testimonia il carattere sproporzionato del limite di età di 30 anni, poiché una normativa è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico.
Infine, la Corte esamina la compatibilità del limite di età di 30 anni per la partecipazione al concorso in questione con l’art. 6, paragrafo 1, della Direttiva 2000/78, che prevede (primo comma) che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione “laddove siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari”, e che precisa (secondo comma) che tali disparità di trattamento possono comprendere, in particolare, “la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento”.
Sul punto, la Corte rileva che l’età pensionabile del personale della Polizia di Stato è fissata a 61 anni e conclude che una normativa nazionale che fissa a 30 anni l’età massima per la partecipazione a un concorso diretto ad assumere commissari di Polizia non può, in linea di principio, essere considerata come necessaria al fine di garantire ai commissari interessati un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento.
Sulla base di queste considerazioni, la CGUE risponde alla questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato dichiarando che “l’articolo 2, paragrafo 2, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della Direttiva 2000/78/CE … devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede la fissazione di un limite massimo di età a 30 anni per la partecipazione a un concorso diretto ad assumere commissari di Polizia, allorché le funzioni effettivamente esercitate da tali commissari di polizia non richiedono capacità fisiche particolari o, qualora siffatte capacità fisiche siano richieste, se risulta che una tale normativa, pur perseguendo una finalità legittima, impone un requisito sproporzionato, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
Questa pronuncia della CGUE si colloca in una linea di ideale continuità con tre precedenti sentenze della Corte di Lussemburgo, anch’esse riguardanti i limiti di età previsti dalle norme di diversi Paesi per l’accesso a funzioni di polizia o che, comunque, richiedono il possesso di capacità fisiche particolari.
Nel caso deciso con la sentenza 12.01.2010 – C-229/08, Wolf, si trattava di stabilire se l’art. 6, n. 1, della Direttiva 2000/78/CE consentisse di giustificare la normativa di un Land tedesco che fissava il limite massimo di 30 anni di età per l’assunzione nel servizio tecnico dei Vigili del Fuoco: riconoscendo che i componenti del servizio tecnico dei Vigili del Fuoco svolgono compiti (lotta agli incendi, soccorso alle persone) per i quali il possesso di capacità fisiche particolarmente elevate può essere considerato un requisito essenziale e determinante, la CGUE ha affermato la compatibilità del limite massimo di età per l’assunzione con l’art. 4 della Direttiva.
Lo stesso ragionamento ha condotto la CGUE ad un risultato opposto nella sentenza 13.11.2014 – C-416/13, Vital Pérez: qui veniva contestato un bando di concorso per agenti di polizia locale del Comune di Oviedo, contenente il requisito per cui i candidati non potevano avere un’età superiore ai 30 anni. In questo caso, la Corte ha osservato che le capacità fisiche di cui devono disporre gli agenti di polizia locale al fine di essere in grado di adempiere alle loro missioni non sono paragonabili a quelle sistematicamente richieste ai Vigili del Fuoco, ed ha pertanto concluso che il limite di età in esame non poteva essere giustificato ai sensi dell’articolo 6, n. 1, lettera c), della Direttiva 2000/78/CE.
Infine, CGUE 15.11.2016 – C-258-15, Salaberria Sorondo, ha esaminato un bando di concorso per agenti di polizia della Comunità autonoma dei Paesi Baschi contenente il requisito secondo il quale i candidati non dovevano aver compiuto 35 anni di età. Qui la Corte ha osservato che le funzioni svolte dalle forze di polizia delle Comunità Autonome del Regno di Spagna (“proteggere le persone e i beni, garantire il libero esercizio dei loro diritti e delle loro libertà e garantire la sicurezza dei cittadini in tutto il territorio della Comunità autonoma”) sono diverse da quelle incombenti alla polizia locale, che erano controverse nella causa che ha dato luogo alla sentenza Vital Pérez, e che apparivano tutte riconducibili a funzioni di polizia amministrativa. Pertanto, la CGUE ha stabilito che “una normativa che prevede che i candidati agli impieghi di agente della polizia della Comunità autonoma dei Paesi Baschi non devono aver compiuto 35 anni di età può essere considerata, da un lato, adeguata all’obiettivo consistente nel garantire il carattere operativo e il buon funzionamento del servizio di polizia di cui trattasi e, d’altro lato, non eccedente quanto necessario al conseguimento di tale obiettivo”.
La recente sentenza sul limite di età per la partecipazione al concorso di commissario di Polizia e le altre tre sentenze sopra ricordate confermano, comunque, come l’amplissima previsione contenuta nell’art. 6 della Direttiva 2000/78/CE – che introduce, solo per le disparità di trattamento collegate all’età, una clausola generale di giustificazione delle discriminazioni dirette – finisce per richiedere alla CGUE di svolgere un ruolo che, probabilmente, è al di là dei suoi mezzi, perché le valutazioni di idoneità e coerenza delle politiche sociali e dell’occupazione, imposte dal citato art. 6, non sfuggono ad una dimensione prevalentemente politica; ed è sicuramente per questo che la Corte ha generalmente adottato un atteggiamento di prudente self-restraint nel sindacato giudiziale sulle finalità prefissate dai legislatori nazionali e sui mezzi da essi scelti per conseguirle, finendo a volte per deludere chi si aspetterebbe interventi più decisi a tutela del divieto di discriminazioni in base all’età.
Federico Grillo Pasquarelli
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