Surrogacy: between crime and right in national and international contexts
di Sandra Cordigliola
Tra tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, la maternità surrogata è quella che ha destato più problemi dal punto di vista etico, morale e giuridico. Il dibattito sulla maternità surrogata ha aperto la strada a teorie e posizioni differenti. L’obiettivo di questo studio è quello di illustrare la disciplina della maternità surrogata nel panorama legislativo italiano, europeo e statunitense e le differenze intercorrenti fra le stesse. Da un lato, gli Stati Uniti sono il Paese principale in cui la maternità surrogata trova un’apertura ed è, dunque, utilizzata; dall’altro lato, gli ordinamenti giuridici di Italia, Germania, Francia e Spagna, considerano la maternità surrogata un reato. La legge italiana n. 40 del 2004 è ormai inadatta a rispondere alle esigenze del tempo e alla continua evoluzione della nostra società, soprattutto in riferimento alla comunità LGBTQ+. In questo studio, infatti, si cerca di trovare delle soluzioni per un’apertura nei confronti della maternità surrogata.
Among all the techniques of medically assisted procreation, surrogacy is the one that has caused the most ethical, moral and legal problems. The debate about surrogacy has opened the way for different theories and positions. The aim of this study is to illustrate the discipline of surrogacy in the Italian, European and US legislation and the main differences between them.
The United States is the main country in which surrogacy finds an opening and is used. In the legal systems of Italy, Germany, France and Spain, surrogacy is considered a crime. The Italian law n. 40 of 2004 is now unsuitable to meet the needs of the time and the continuous evolution of our society, especially in regard to the LGBTQ+ community. In this study, the aim is to find solutions for an openness towards surrogacy.
SOMMARIO: 1. La maternità surrogata: definizione; 2. La disciplina giuridica italiana: la legge n. 40 del 2004; 2.1. Il divieto di maternità surrogata nello specifico; 2.2. Le fattispecie di organizzazione e pubblicizzazione della surrogazione di maternità; 3. Opportunità e problemi per le coppie omosessuali; 4. La visione della legislazione spagnola; 5. Il divieto di maternità surrogata in Germania; 6. La legislazione francese; 7. Gli Stati Uniti: una legislazione aperta; 7.1. Il caso In re Baby M; 8. Una breve riflessione sull’Europa del futuro.
1. La maternità surrogata: definizione
Il tema della maternità surrogata è considerato uno dei più attuali e dibattuti della bioetica, affrontato in parte dalla legge del 19 febbraio 2004, n. 40.
La maternità surrogata è una tecnica di procreazione medicalmente assistita eterologa[1]. È chiamata in modo più neutro “gestazione per altri”[2], in inglese surrogacy, ed è volgarmente conosciuta come “utero in affitto”.
La gestazione per altri consiste in un vero e proprio contratto, e dunque un accordo consenziente, con vari attori in scena. Una donna volontaria, chiamata madre surrogata, si assume l’obbligo di portare a termine una gravidanza per conto di una coppia sterile, alla quale s’impegna poi a consegnare il bambino nato[3]. L’effettivo e unico scopo dell’istituto è la consegna del bambino.
Un requisito necessario per la configurazione della fattispecie è la sterilità di coppia, che può essere sia in senso patologico che in senso formale. La maternità surrogata è pensata per poter soddisfare il desiderio di genitorialità sia nelle coppie omosessuali che in quelle eterosessuali.
La distinzione della surrogazione di maternità rispetto alle altre tecniche di procreazione medicalmente assistita riguarda la presenza di un elemento esterno alla coppia sterile: la madre surrogata.
In realtà, la figura della madre surrogata o madre su commissione assume diversi ruoli in base alle necessità della coppia sterile per il raggiungimento della gravidanza: quest’ultima può provvedere solo alla gestazione, o sia alla gestazione che al concepimento dell’embrione, con l’apporto del proprio gamete, ovvero, può esserci l’intervento di una donazione di seme maschile, per contribuire geneticamente alla formazione dell’embrione[4].
La gestazione per altri si può realizzare attraverso due diverse tipologie di accordi.
In primo luogo, l’embrione assegnato alla gestante può essere generato con una fecondazione in vivo, ossia la fecondazione dell’ovulo della surrogata con il seme del marito della coppia committente direttamente nell’utero di quest’ultima. In secondo luogo, con una tecnica c.d. FIVET, caratterizzata da due fasi: prima di tutto la fecondazione in vitro, ossia “l’unione in provetta dei gameti provenienti dalla coppia committente con cui si genera l’embrione”,a cui segue“l’impianto dello stesso nell’utero della madre surrogata”[5]. Quest’ultima è la c.d. “locazione di utero” o “embryo-transfert”: pratica per cui “la donna incaricata si limita a portare avanti la gravidanza e il materiale genetico impiegato è interamente proveniente dalla coppia committente, la quale richiede un contributo esclusivamente gestativo da parte della volontaria”[6].
In sintesi, la donna si offre volontaria per l’impianto dell’embrione, che ha le caratteristiche genetiche della coppia committente, nel suo utero; a seguito del parto si impegna a consegnare il neonato ai coniugi committenti e rispetta la perdita di ogni diritto e dovere sul bambino nato[7].
Pertanto, si può dire che l’elemento che distingue la maternità surrogata tradizionale dalla locazione dell’utero è la partecipazione della madre surrogata alla formazione biologica del minore: nel caso di surrogazione tradizionale, la donna ha l’incarico di madre su commissione, in quanto mette a disposizione il proprio utero, nonché il proprio ovulo. Pertanto, il bambino che nascerà avrà le sue caratteristiche genetiche e del marito della donna sterile, che in questo caso è il donatore del seme[8].
2. La disciplina giuridica italiana: la legge n. 40 del 2004
La legge n. 40 del 2004 è intervenuta con numerosi divieti espliciti, che riguardano vari aspetti dell’applicazione delle tecniche di pma. Sono collocati principalmente nei Capi V e VI e sono disposti negli artt. 12, 13 e 14 della legge. I divieti sono accompagnati da corrispondenti sanzioni e si distinguono gli illeciti amministrativi dagli illeciti penali[9].
La legge è alquanto severa: si deve infatti sottolineare la discrepanza della pena massima tra chi effettua una sperimentazione su embrioni umani e chi commette un omicidio colposo, oppure tra chi produce embrioni a scopo di ricerca e un reo di sequestro di persona[10]. Per il legislatore italiano chi esegue interventi genetici di clonazione umana va incontro a una pena superiore a chi provoca con dolo un naufragio o la caduta di un aereo[11].
Nel particolare, per quanto riguarda la maternità surrogata, l’art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 dispone che: «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro»[12].
Il particolare che salta immediatamente all’occhio è l’indeterminatezza dell’espressione “surrogazione di maternità”. La formula risulta poco tassativa a causa della pluralità di significati che può attribuirsi al concetto di “maternità” e della mancanza di una disposizione che precisi il significato della combinazione dei termini “maternità” e “surrogata”[13].
La norma pone due divieti: il divieto di commercializzazione di gameti od embrioni e il divieto di surrogazione di maternità[14].
Il primo illecito sanziona sia lo scambio di gameti ed embrioni, sia le attività che consistono nell’organizzazione e nella pubblicizzazione del commercio di embrioni.
In sintesi, integra il reato di commercializzazione di gameti od embrioni sia il coordinamento di mezzi e scopi per la successiva realizzazione dell’attività di commercializzazione, sia la diffusione di messaggi che rendano noto un mercato di gameti e di embrioni[15].
Il secondo illecito riguarda il divieto di maternità surrogata, che si esplica in due fattispecie: il caso in cui l’aspirante madre produce l’ovocita che viene fecondato dallo spermatozoo dell’aspirante padre ed impiantato nell’utero della madre surrogata; in secondo luogo, il caso in cui l’aspirante madre committente incarica un’altra donna sia per la produzione di ovociti sia per la gestazione. In quest’ultimo caso si avrà la surrogazione di concepimento e gestazione[16].
Inoltre, la giurisprudenza penale nega la punibilità delle coppie per il delitto di cui all’art. 12, co. 6, ossia il delitto di maternità surrogata, in virtù del fatto che la condotta tenuta all’estero non sia qualificata come illecito penale dall’ordinamento del luogo dove essa è stata consumata.
2.1. Il divieto di maternità surrogata nello specifico
La dottrina e la giurisprudenza affrontano due problematiche che sono correlate fra loro: la prima riguarda l’individuazione del momento a partire dal quale la procedura della surrogazione di maternità acquista rilevanza penale, poiché la gestazione per altri comprende condotte diversificate, dalla presa di contatto con la madre surrogata sino alla consegna del bambino alla coppia committente. Per questi aspetti bisogna prendere in considerazione l’art. 6 e l’art. 9, co. 1 e 2, c.p.[17].
Prima di addentrarsi nella problematica descritta, è necessario dare delle definizioni, come la nozione di “territorio dello Stato”. Essa è fornita dall’art. 4, co. 2, c.p., il quale stabilisce che: «agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato»[18].
Il legislatore, attraverso l’art. 6, co. 2, c.p., chiarisce quando il reato si consideri commesso in tale territorio: «il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione»[19].
Inoltre, l’art. 9 c.p. stabilisce che i delitti comuni puniti con la pena detentiva commessi dal cittadino all’estero sono assoggettati alla legge penale italiana, come disposto dal principio di universalità[20].
Tornando alle problematiche affrontate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in merito alla rilevanza penale della surrogazione di maternità, la seconda questione verte sull’applicabilità dell’art. 9 c.p. nelle ipotesi di surrogazione di maternità commesse integralmente all’estero.
Rispetto alla prima problematica, in cui la dottrina basa la sua teoria sulla norma che incrimina la realizzazione «in qualsiasi forma» della gestazione per altri, per la seconda questione fa rientrare nella fattispecie del delitto anche le condotte antecedenti alla stipulazione del contratto[21].
Il legislatore chiarisce esplicitamente con l’art. 12, co.6, legge n. 40 del 2004 che il reato si perfeziona in un momento successivo alla sua mera stipulazione. Pertanto, la seconda teoria non è considerata valida[22].
Una posizione più restrittiva è quella presa dalla giurisprudenza di legittimità, che esclude dall’ambito applicativo della fattispecie le condotte antecedenti alla stipula del contratto con la madre surrogata.
Inoltre, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 5198 del 28 ottobre 2020, ha specificato che il reato di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo di cui all’art. 12, co. 6, commesso all’estero, “si consuma nel luogo in cui si sottoscrive il contratto di maternità surrogata e col compimento della gestazione per conto di altri, non assumendo rilevanza penale, ai fini dell’applicazione della legge italiana, le condotte iniziali volte ad acquisire informazioni sulla fattibilità della pratica, anche se realizzate in territorio italiano”[23]. Pertanto, nel caso in cui l’accordo si realizzi materialmente all’estero sarebbe applicabile l’art. 9 c.p. e non l’art. 6 c.p., poiché esso subordina la punibilità dei delitti comuni commessi dai cittadini all’estero a due condizioni: la prima riguarda il fatto che gli autori della violazione si devono trovare nel territorio italiano al momento del giudizio; la seconda attiene ai reati puniti con la reclusione inferiore nel minimo a tre anni, per i quali ci dev’essere la richiesta del Ministero della Giustizia.
Invece, è controversa la sussistenza del requisito della c.d. doppia incriminazione per l’applicazione dell’art. 9 c.p., in forza del quale non può essere assoggettato alla legge penale italiana il cittadino che commette all’estero un fatto previsto come reato in Italia, ma considerato penalmente irrilevante dall’ordinamento dello Stato in cui si commette.
Anche per quest’aspetto è intervenuta la Corte di cassazione, con la sentenza n. 13525 del 2015, che ha ritenuto inapplicabile l’art. 12, co. 6, della legge n. 40 del 2004 nell’ipotesi in cui il reato venga posto in essere integralmente in uno Stato estero in cui la pratica della surrogazione di maternità sia consentita. In questo caso, secondo la Cassazione, ricorre un’ipotesi di errore inevitabile, ai sensi dell’art. 5 c.p., sull’art. 9 c.p., in ragione del fatto che è controversa in giurisprudenza la questione se, per punire secondo la legge italiana il fatto commesso all’estero, sia necessario che si tratti di fatto previsto come reato anche nello Stato in cui viene commesso[24].
Attualmente, è oggetto di discussione in Parlamento un DDL che prevede la modifica dell’art. 12 della legge n. 40 del 2004, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano. La proposta riguarda l’estensione della perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso dal cittadino italiano anche quando sia materialmente commesso in Paesi in cui la pratica è ammessa[25].
2.2. Le fattispecie di organizzazione e pubblicizzazione della surrogazione di maternità
L’art. 12, co. 6, incrimina anche l’organizzazione e la pubblicizzazione della maternità surrogata, punite con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 euro a un milione.
La norma ha anticipato la tutela dello status filiationis del minore rispetto alla stessa realizzazione della gestazione per altri, poiché sia l’organizzazione che la pubblicizzazione della surrogazione di maternità rappresentano condotte prodromiche e funzionali alla surrogazione di maternità. L’organizzazione deve essere cronologicamente collocata in una fase contestuale o poco successiva all’accordo tra le donne coinvolte nello scambio, mentre la pubblicizzazione avviene in una fase precedente a esso[26].
Inoltre, si riscontrano delle difficoltà nell’identificazione del reato di pubblicizzazione della maternità surrogata, che viene così interpretato: “pubblicizza chiunque diffonde, a una pluralità di destinatari, notizie – attraverso il mezzo della stampa, della radio, della televisione, di siti internet o dei nuovi media – circa la disponibilità di una donna ad accordarsi con un’altra per sottoporsi, al posto di quest’ultima, a interventi di pma e a consegnarle in via definitiva il bambino subito dopo il parto (pubblicizzazione dell’offerta della gestante); o circa la disponibilità di una donna ad accordarsi con un’altra per farla sottoporre, al proprio posto, a interventi di pma e a ricevere in via definitiva il bambino dopo il parto (pubblicizzazione della richiesta della madre sociale)”[27].
3. Opportunità e problemi per le coppie omosessuali
La procreazione medicalmente assistita, specialmente la gestazione per altri, ha aperto le porte della genitorialità alle coppie omosessuali che sono alla ricerca di un figlio. È stato coniato un termine per definire la genitorialità da parte delle coppie omosessuali: l’“omogenitorialità”.
Il termine “omogenitorialità” comprende realtà familiari molto distinte: figli nati da precedenti relazioni eterosessuali; figli adottati da una persona o una coppia omosessuale; figli nati da una madre lesbica, single o in coppia, che ha fatto ricorso all’inseminazione artificiale (con donatore noto o anonimo); figli nati da un uomo omosessuale e da una donna gestante (con possibilità di una donatrice di ovulo esterna); figli nati da un progetto di cogenitorialità tra un uomo gay e una donna lesbica (e, se presenti, i rispettivi partner)[28].
Le differenze rispetto alle c.d. “famiglie tradizionali” sono molteplici e riguardano principalmente i diversi soggetti coinvolti nella scena riproduttiva e gli aspetti biologici, legali, economici, etici e affettivi, che sono differenti e più complessi rispetto a quelli delle famiglie tradizionali.
L’omogenitorialità si è sviluppata negli USA e si stima che nel 2014 circa 3,8 milioni di bambini avessero almeno un genitore LGBT (lesbica, gay, bisessuale, transessuale) e che approssimativamente 200.000 bambini venissero cresciuti da una coppia dello stesso sesso[29].
Infatti, negli USA, le nuove leggi a tutela dei matrimoni tra persone dello stesso sesso e le linee guida sanitarie contro le discriminazioni riguardanti l’orientamento sessuale hanno determinato la crescita delle famiglie omogenitoriali e con esse anche l’utilizzo della pma nei paesi in cui è legalizzata[30].
Lo scenario italiano è molto diverso rispetto a quello degli USA: limitato in termini di diritti civili individuali e della famiglia per persone LGBTQI+ (lesbica, gay, bisessuale, transessuale, queer, intersessuale, plus). Con la legge del 20 maggio 2016, n. 76 sono state approvate le unioni civili[31], ma il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali è ancora lontano e sembra allontanarsi sempre di più. La gestazione per altri è regolata dalla legge n. 40 del 2004, che è una delle più restrittive in Europa. Inoltre, la proposta di legge della deputata Mara Carfagna prevede un restringimento della disciplina della surrogazione di maternità, con l’introduzione di un nuovo reato: il reato di surrogazione di maternità all’estero[32].
Oggi la legge n. 40 del 2004 punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da seicentomila a un milione di euro «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità». La proposta di legge Carfagna estende l’applicabilità del reato anche all’estero, escludendo per tutti i cittadini italiani la possibilità di ricorrere alla surrogazione di maternità.
La legge n. 40 del 2004 è considerata una legge molto restrittiva, poiché all’art. 4 vieta anche l’uso di gameti o embrioni di donatori, oltre che la maternità surrogata[33].
Le coppie omosessuali sono formazioni sociali tutelate dall’art. 2 della Costituzione, la quale «non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli», ma sottolinea che «la libertà e volontarietà dell’atto che consente di diventare genitori non implica che la libertà in esame possa esplicarsi senza limiti», soprattutto quando si discute sulla scelta di ricorrere alle tecniche di pma, che affrontano temi innovativi riguardo alla genitorialità e alla famiglia identificati come temi eticamente sensibili.
Vi sono dunque varie posizioni in merito. In primis, quella posizione che ritiene giustificata e fondata la preoccupazione, a fronte delle nuove tecniche procreative, rispetto alle migliori condizioni per lo sviluppo della personalità del nuovo nato[34].Tale idea è stata smentita da studi scientifici[35], che hanno dimostrato che l’utilizzo da parte di padri omosessuali della gestazione per altri non ha effetti negativi sulla salute del bambino.
Inoltre, sempre secondo tale visione, la differenza delle situazioni che intercorrono tra “infertilità fisiologica” della coppia omossessuale e “infertilità di tipo assoluto e irreversibile” della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive giustifica la legittimità della disposizione che impone il requisito della differenza di sesso per l’accesso alle tecniche di pma, ai sensi dell’art. 3 Cost. e degli artt. 8 e 14 CEDU[36].
Secondo uno studio condotto in Italia[37], nonostante una legge molto proibitiva, il numero di uomini gay e donne lesbiche che sta diventando genitore anche nel nostro paese è in aumento, così come il fenomeno della “migrazione riproduttiva”[38] verso paesi dove la pma è accessibile, anche se i desideri e le intenzioni genitoriali di persone LGBT+ sono più repressi e nascosti, a causa delle difficoltà che essi hanno quotidianamente ad integrarsi.
4. La visione della legislazione spagnola
La Spagna è famosa per avere cliniche che a lungo si sono occupate della procreazione medicalmente assistita, tant’è che molte coppie italiane attualmente si rivolgono alle cliniche spagnole.
Anche in Spagna si è acceso un intenso dibattito sociale, giuridico e scientifico in ordine alle implicazioni etiche e morali che suscita l’impiego della pma e la ricerca di un equilibrio tra l’innovazione tecnologica ed il rispetto dei diritti fondamentali delle persone.
La regolazione della maternità surrogata è ricompresa nella legislazione riguardante la pma. Pare opportuno ricostruire la vicenda storica della legislazione spagnola sulla procreazione medicalmente assistita, e dunque sulla maternità surrogata.
La legislazione spagnola è mutata sia per adeguarsi alle ricerche scientifiche più recenti, sia a seguito dell’alternanza al governo dei partiti di opposti orientamenti politici[39].
Sotto la guida del governo socialista di Gonzàlez furono approvate la legge n. 35 del 1988, sulle tecniche di pma, e la legge n. 42 del 1988, sulla donazione ed utilizzazione di embrioni e feti umani, delle loro cellule, tessuti e organi, accolte criticamente.
La legge sulla procreazione medicalmente assistita del 1988 fu modificata dalla legge n. 45 del 2003. Seguì il decreto n. 120 del 31 gennaio 2003, in base al quale si stabilivano i requisiti per la realizzazione di pratiche a fini riproduttivi, di fecondazione di ovociti o di tessuto ovarico crioconservato nell’ambito delle tecniche di riproduzione umana assistita.
L’intervento legislativo posto in essere durante il governo di Aznar era volto a limitare il numero di embrioni da creare ed impiantare nella donna e a restringere il numero di embrioni sovrannumerari[40].
Al contrario, la Comisión Nacional de Reproducción Humana Asistida – CNRHA[41] aveva espresso forti critiche sulle novità introdotte nel 2003, sia riguardo alla limitazione a tre del numero di ovociti prodotti in ogni ciclo riproduttivo sia alla differenziazione del destino degli embrioni soprannumerari prodotti prima dell’entrata in vigore della nuova legge, dato che solo essi potevano essere utilizzati a fini di ricerca scientifica, mentre tale possibilità era esclusa per gli embrioni prodotti successivamente all’entrata in vigore della riforma del 2003[42].
In seguito, è stata attuata una profonda revisione per il potenziamento della ricerca: la legge n. 14 del 26 maggio 2006[43], riguardo le tecniche di pma95 e la legge n. 14 del 3 luglio 2007, sulla ricerca in materia di riprogrammazione cellulare ai fini esclusivamente terapeutici.
Dopo l’approvazione della legge sulla pma del 2006, l’Andalusia è stata la prima Comunità autonoma ad includere la diagnosi genetica preimpianto tra i servizi di sanità pubblica, che consente di verificare se un embrione è geneticamente sano prima che venga trasferito nell’utero materno[44].
La legge n. 14 del 2007 ha istituito il Comitato di bioetica di Spagna, organismo indipendente e di carattere consultivo per gli aspetti etici e sociali della biomedicina e delle scienze della salute, chiamato a fissare le linee guida ed i principi generali per l’elaborazione di codici di buona pratica. Sono stati istituiti anche Comitati etici e di ricerca all’interno di ogni centro che pratica ricerca biomedica.
Per quanto riguarda la qualificazione giuridica della pma, la Costituzione spagnola del 1978 non contiene nessuna norma che sancisca specificatamente il diritto alla procreazione naturale ovvero alla procreazione medicalmente assistita, ma è grazie all’apertura del legislatore nei confronti di tale materia che si può parlare di un vero e proprio diritto a procreare[45].
Oggi, in Spagna, la legge in vigore in ambito della pma è la ley del 26 maggio 2006, n. 14, sulla Técnicas de Reproducción Humana Asistida (TRHA), che ha modificato la ley n. 45 del 2003[46].
In passato, la legge n. 35 del 1988 aveva già disposto l’illiceità della maternità surrogata e prevedeva, come criterio di imputazione dei diritti materni, l’evento parto[47]. Oggi, rimane vietata anche ogni forma di maternità surrogata (gestación por sustitución), essendo dichiarato nullo “il contratto con il quale si conviene la gestazione, con o senza fini di lucro, a carico di una donna che rinuncia alla sua maternità a favore del contraente o di un terzo”[48].
La norma non fa riferimento al terzo contraente: da ciò si desume che, nell’ordinamento spagnolo, il contratto di “locazione” dell’utero non può produrre effetti né nell’ipotesi in cui l’accordo intervenga tra la madre su commissione e un’altra donna sterile, né nel caso in cui la madre gestante si accordi con una coppia di uomini per privarsi del ruolo materno e consentire alla coppia di acquisire il ruolo genitoriale esclusivo nei confronti del bambino partorito. Per rafforzare tale previsione, il comma 2 ha stabilito che, anche nel caso in cui la gestazione venga commissionata ad una madre surrogata, la maternità giuridica rimarrà legata all’evento del parto e, pertanto, non potrà essere contrattualmente trasferita alla donna committente[49].
Le due norme sono finalizzate a disincentivare ogni tipo di accordo di surrogazione di maternità stipulato prima dell’inizio della gravidanza, a prescindere dall’eventuale spirito solidaristico che possa sorreggere la disponibilità della madre surrogata o dalla circostanza che il bambino sia stato concepito con gli ovociti della donna committente[50]. Emblematica, in tal senso, è stata la definizione dell’Audiencia provincial de Valencia con la sentenza del 23 novembre 2011, secondo cui il patto di maternità surrogata consiste in un «un contratto, oneroso o gratuito, mediante il quale una donna acconsente ad affrontare una gravidanza, attraverso tecniche di riproduzione assistita, fornendo o meno i propri ovociti, con l’impegno di consegnare il figlio così nato alla parte committente, che potrà essere una persona sola o una coppia, sposata o meno, che a sua volta abbia fornito o meno i propri gameti»[51].
Le uniche condotte connesse alla gestazione per altri che sono inquadrabili in fattispecie di reato sono: la simulazione del parto della donna committente, punita dall’art. 220, co. 1, c.p.; la consegna del bambino partorito al soggetto o ai soggetti committenti con il fine di alterarne lo status filiationis, ex art. 220, co. 2, c.p.; la consegna del minore ai committenti, in cambio della prestazione di una somma di denaro, con lo scopo di fare stabilire una relazione di fatto analoga alla filiazione, nonché la correlativa ricezione e l’intermediazione nello scambio, ex art. 221 c.p.
Si tratta di comportamenti realizzati successivamente al parto, nella fase esecutiva del patto di surrogazione, e finalizzati all’alterazione dello stato civile del minore, che risulta essere dunque il bene giuridico protetto da tutte e tre le figure delittuose[52].
5. Il divieto di maternità surrogata in Germania
La normativa tedesca in ambito di procreazione medicalmente assistita, comprendente anche la normativa in materia di maternità surrogata, è disciplinata dalla Direttiva della Commissione federale dei medici e delle Casse di malattia sui provvedimenti medici in materia di fecondazione artificiale del 14 agosto 1990 e dalla Legge sulla tutela degli embrioni (Embryonenschutzgesetz – EschG) del 13 dicembre 1990 relativa alla repressione penale degli illeciti e alla tutela degli embrioni. Quest’ultima legge rappresenta il fulcro della normativa tedesca sulla pma. Le direttive hanno come finalità quella di circoscrivere la copertura finanziaria delle spese sanitarie degli assicurati[53].
In Germania, la giurisprudenza in materia di pma appare molto scarna. Ad oggi, il Tribunale costituzionale federale non si è espresso sulla costituzionalità della Legge per la tutela sull’embrione (Embryonenschutzgesetz), né tantomeno sulla problematica della legittimità relativa alla procreazione medicalmente assistita.
La pma non è qualificata giuridicamente nell’ordinamento tedesco, a causa della scarna disciplina legislativa. La definizione di pma varia a seconda del contesto normativo, ma in generale è classificata come “nuova forma di procreazione o di trattamento terapeutico sostitutivo per il caso di infertilità”[54].
Dalla normativa sulla tutela dell’embrione si evince che l’uso della pma è consentito anche a fini terapeutici[55].
Il sistema tedesco prevede la fecondazione eterologa in casi eccezionali su richiesta e previa autorizzazione della Cassa malattia solo ed esclusivamente per le coppie sposate. D’altro canto, vieta il transfer in una donna di un ovocita non fecondato proveniente da un’altra donna[56].
Per quanto riguarda la maternità surrogata, la legge Embryonenschutzgesetz, all’art. 1, co. 7, punisce con la reclusione fino a tre anni o con una multa “chi effettua una fecondazione artificiale o trasferisce un embrione umano in una donna (madre di sostituzione) disposta a cedere dopo la nascita il figlio in via definitiva a terzi”[57]; pertanto, non vi sono particolari specificazioni sullo status giuridico del concepito da madre surrogata, né disposizioni che riguardano la revocabilità del consenso.
6. La legislazione francese
In Francia la procreazione medicalmente assistita ha avuto un grande sviluppo intorno agli anni Venti.
Solo con la legge n. 94-654 del 1994 il legislatore francese prevede un primo intervento normativo concernente la donazione e l’utilizzazione dei prodotti del corpo umano, l’assistenza medica alla procreazione e alla diagnosi prenatale[58].
Nella legge n. 94-654 del 1994, il legislatore francese disciplina la procreazione assistita come un metodo per rimediare al fallimento della procreazione naturale, considerandola possibile solo nei casi di infertilità accertata medicalmente[59].
La fecondazione eterologa è consentita solo in caso di comprovato fallimento di metodiche alternative. In queste evenienze, la coppia ricevente deve preliminarmente dare il proprio consenso relativamente alle conseguenze civili di questa procreazione[60].
Inoltre, è stato modificato il Code civil, introducendo l’art. 311-19 che esclude qualunque vincolo di filiazione fra il donatore e il bambino nato da procreazione assistita. L’articolo prevede che i coniugi o i conviventi che ricorrono ad una fecondazione eterologa non possano disconoscere il figlio, pena la dichiarazione giudiziale della paternità, salvo che il consenso alla fecondazione sia stato revocato da uno dei due partner prima dell’inizio di questa[61].
L’art. 152.2 dispone l’obbligo del consenso da parte della coppia. I partner possono anche decidere riguardo la possibilità di conservare gameti ed embrioni per trattamenti successivi per un massimo di cinque anni; è possibile anche che dispongano la donazione per gli embrioni conservati. Il consenso, nel caso di fecondazione eterologa, dovrà essere ricevuto dall’autorità giudiziaria, poiché il giudice deve valutare le condizioni di accoglienza che la coppia stessa è in grado di offrire sul piano familiare, educativo e psicologico al bambino che nascerà[62].
L’ordinamento francese prevede delle attività di informazione preliminari all’inizio del trattamento, come i colloqui dei richiedenti con i membri dell’équipe medica. L’équipe deve verificare la motivazione della coppia ed informarla sulle possibilità offerte dalla legge circa l’adozione; deve inoltre informare la coppia delle probabilità di successo e dei disagi prevedibili. Sono state emanate norme di buona pratica clinica in cui si precisa la necessità di informare anche sulla mancanza di notizie certe sullo stato di salute dei nati da procreazione assistita[63].
Inoltre, l’art. 1244-5 del Code de la santé publique stabilisce che la donazione deve essere preceduta da colloqui con il donatore e l’altro membro della coppia relativamente alle disposizioni di legge riguardanti la filiazione in caso di donazione, la natura delle indagini cliniche preliminari, alla conservazione dei dati sanitari del donatore. L’informazione ed i colloqui sono svolti da un’équipe medica, comprendente anche uno psicologo o uno psichiatra[64].
L’ordinamento francese non ammette il “prestito” di utero né a titolo oneroso né a titolo gratuito: l’art. 16-7 introdotto con la legge n. 94-653 del 1994 relative au respect du corps humain, stabilisce che «qualsiasi accordo finalizzato alla procreazione o alla gestazione per conto di terzi è nullo»[65].
A differenza della legislazione italiana, nel sistema francese non esistono norme che puniscono specificamente la realizzazione della maternità surrogata.
Le uniche fattispecie incriminatrici che la giurisprudenza ha ritenuto idonee a reprimere l’attuazione dell’accordo sono quelle previste dalla sezione IV del Capitolo VII del Titolo II del Libro II del codice penale («Des atteintes à la filiation»): il primo comma dell’art. 227-12 c.p., che incrimina con la reclusione fino a sei mesi e con la multa fino a 7.500 euro «il fatto di provocare, sia per uno scopo di lucro, sia attraverso dono, promessa, minaccia o abuso di autorità, i genitori o uno di loro ad abbandonare il nato o il nascituro»; il terzo comma dell’art. 227-12 c.p., che punisce con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a 15.000 euro «il fatto di interporsi tra una persona o una coppia che desideri accogliere un bambino e una donna che accetti di portare in grembo questo bambino allo scopo di consegnarlo a quelli», prevedendo il raddoppio della pena qualora l’intermediazione «costituisca una condotta abituale o sia realizzata per fini di lucro»; e l’art. 227-13 c.p. che, al primo comma, punisce con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 45.000 euro «la sostituzione volontaria, la simulazione o la dissimulazione che causino un pregiudizio allo stato civile di un bambino». Dunque, l’unico bene giuridico pregiudicato da tale pratica riproduttiva è l’integrità dello stato civile del bambino, e non invece il benessere psicofisico dello stesso o la dignità della gestante su commissione[66].
7. Gli Stati Uniti: una legislazione aperta
Gli Stati Uniti rappresentano un grande esempio di apertura nei confronti della maternità surrogata.
L’unica legge federale rilevante circa la disciplina e la regolamentazione della pma è la Fertility Clinic Success Rate and Certification Act 1992, in cui sono descritti due obiettivi principali: in primo luogo, prevedere che i consumatori abbiano informazioni in merito all’efficacia del servizio di procreazione medicalmente assistita previsto dalle cliniche; in secondo luogo, stabilire un unico modello di certificazione per i laboratori embriologici per tutti gli Stati membri.
Con riferimento al primo obiettivo, il Department of Health and Human services, attraverso una propria agenzia, il Center for Disease Control and Prevention, è incaricato di dare applicazione a tale legge attraverso la pubblicazione di un rapporto annuale sulle percentuali di successo nell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita effettuate nelle cliniche e sullo stato di certificazione dei laboratori embriologici coinvolti[67].
Il secondo obiettivo è, invece, una previsione meramente facoltativa.
Sebbene la maggior parte delle leggi che riguardano la pma abbia ad oggetto l’accesso al servizio di assistenza e l’estensione dell’assicurazione sanitaria per il servizio stesso, la disciplina della pma dei singoli Stati non è univoca a livello statale, sia per i contenuti dei precetti sia per l’estensione minore o maggiore della legislazione statale[68].
Alcuni Stati, come il New Hampshire e la Pennsylvania, hanno leggi che disciplinano in modo dettagliato il coinvolgimento di medici e tecnici negli interventi di pma. Mentre le leggi della Louisiana, del New Mexico e del South Dakota disciplinano nello specifico il trattamento dell’embrione nell’ambito della pma. Uno dei punti disciplinati è la tutela dell’embrione e la ricerca su embrioni e feti.
Uno degli Stati degli USA più aperti nei confronti della maternità surrogata è la California[69].
Nel New Hampshire la legge specifica chi può avere accesso alla fecondazione in vitro: le donne che hanno almeno ventun anni e che siano idonee al trattamento e abbiano fruito delle consulenze professionali. Lo Stato della Pennsylvania regola la procreazione medicalmente assistita attraverso l’uso di registri e standard delle cliniche: impone, infatti, la tenuta di un registro con i dati di coloro che praticano i trattamenti, della clinica e degli embrioni. Il New Mexico, la Louisiana ed il South Dakota hanno leggi che riguardano la sperimentazione sull’embrione con riguardo alla pma. Lo Stato del New Mexico vieta la fecondazione in vitro, salvi i casi in cui tutti gli embrioni sono trasferiti alla madre; per contro, la legge del South Dakota non impone che gli embrioni creati allo scopo della fecondazione in vitro vengano impiantati nell’utero[70].
Lo Stato della Louisiana è il più conservatore nell’ambito della pma con una maggiore tutela per l’embrione rispetto agli altri Stati. L’embrione è riconosciuto come una “persona giuridica” che ha quasi tutti gli stessi diritti di un soggetto nato. Inoltre, si specifica che l’uso dell’embrione in vitro è possibile solo per “il supporto e la contribuzione allo sviluppo completo di un impianto in utero”: ne discende che la coltivazione dell’embrione per uno scopo ulteriore è proibito[71].
In ordine all’esercizio della professione medica, gli Stati membri hanno la competenza a disciplinare i soggetti abilitati in base al loro police power[72]. Alla luce di questo potere, i medici devono essere abilitati dallo Stato e quindi sono anche soggetti al Medical Practice Act che lo stesso Stato membro ha adottato. La Federation of State Medical Boards, insieme al National Board of Medical Examiners,disciplina i requisiti necessari e l’esame di abilitazione (la United States Medical Licensing Examination). Ogni Stato ha un ente che rilascia l’abilitazione all’esercizio della professione medica (State Licensure Board) ed ogni Stato disciplina anche la revoca dell’abilitazione per i medici che non hanno i requisiti necessari[73].
7.1. Il caso In re Baby M
Il diritto di procreare non è riconosciuto esplicitamente da nessuna legge o decisione giurisprudenziale, ma i precedenti relativi al diritto di famiglia e alle fundamental liberties hanno riconosciuto implicitamente tale diritto, basandosi sul diritto di privacy e sulla sua tutela costituzionale[74].
Per converso, il diritto di riprodursi si esplica sia nelle attività finalizzate alla sua negazione sia in quelle finalizzate alla sua promozione, tra le quali rientra il diritto all’autodeterminazione nella scelta individuale di interruzione volontaria della gravidanza e dell’uso di anticoncezionali[75].
È proprio la Corte Suprema degli USA a riconoscere il diritto di procreazione naturale.
I precedenti stabiliscono il diritto di coppie coniugate di concepire mediante metodo naturale e di portare a termine la gravidanza, per poi allevare i propri figli senza alcuna interferenza statale, a meno che non si dimostri l’esistenza di interessi pubblici e sociali prevalenti. La questione che si è presentata alla dottrina statunitense riguarda la possibilità di estendere il diritto di procreare anche alle coppie non sposate ed ai single, soprattutto tramite l’uso di mezzi artificiali ed accordi surrogativi.
Alla luce della libertà procreativa tutelata dalla Costituzione, anche la tecnica di gestazione per altri contribuisce alla realizzazione del diritto di privacy.
In quest’ambito si colloca il caso In re Baby M relativo alla stipulazione di un contratto a titolo oneroso di maternità surrogata[76].
Il caso ha come protagonisti i coniugi William ed Elizabeth Stern, i quali, a causa di motivi di salute che impedivano alla moglie di concludere una gravidanza e dell’impossibilità di adottare per l’assenza dei requisiti d’età, contattarono l’Infertility Center di New York per trovare una madre surrogata. Il contratto fu concluso. Tuttavia, dopo la nascita, la sig.ra Whitehead, madre surrogata, si rifiutò di portare a termine la propria obbligazione contrattuale. Pertanto, la coppia committente si rivolse all’autorità giudiziaria affinché concedesse al marito committente l’affidamento della figlia legittima. Nel tentativo di aggirare il provvedimento, la madre surrogata fuggì, ma venne individuata in Florida. Successivamente la figlia, Sara Whitehead/Melissa Stern, venne consegnata alla coppia committente. I coniugi Stern adirono la Corte di primo grado per ottenere un ordine di esecuzione del contratto, facendo così cessare i diritti materni della madre surrogata, in modo da assicurarsi l’esclusivo e definitivo affidamento e da permettere alla moglie di inoltrare l’istanza di adozione[77].
Il giudice adito accolse le istanze della coppia committente e privò la madre surrogata di ogni diritto sulla figlia, basandosi sul principio del best interest of the child standard[78].
Poiché l’esercizio della libertà procreativa, per alcuni soggetti, è garantito esclusivamente dalla possibilità di concludere contratti con madri surrogate, si presenta la necessità per gli Stati di regolamentare il ricorso alle madri surrogate mediante una disciplina dei contratti e la previsione di rimedi giudiziali per evitare ogni danno ai soggetti coinvolti.
Anche il principio dell’Equal Protection sancito dal Quattordicesimo emendamento della Costituzione federale non stabilisce alcuna differenziazione tra coppie fertili e coppie sterili: come le coppie coniugate fertili hanno il diritto di aggiungere figli alla famiglia, anche quelle infertili devono poterne essere titolari.
Da una parte, la dottrina statunitense è concorde nel riconoscere che la regolamentazione statale debba essere limitata per evitare eventuali danni al minore e alla madre surrogata; dall’altra parte, è favorevole ad escludere il ricorso alla surrogazione, se alla luce del best interest of the child standard, come applicato al caso di Baby M, tale fenomeno comporti la violazione di ulteriori diritti costituzionalmente protetti, mediante la realizzazione, per esempio, di accordi per la selezione genetica del nascituro[79].
8. Una breve riflessione sull’Europa del futuro
Quando si parla di pma, in generale, e di maternità surrogata, in particolare, devono essere presi in considerazione dei diritti contrapposti fra loro: in primo luogo, il diritto della coppia, eterosessuale od omosessuale, di veder soddisfatta la propria aspirazione a formare una famiglia e, dunque, il conseguente diritto alla procreazione; in secondo luogo, il diritto dell’embrione e del nato da surrogazione di maternità ad avere due genitori e crescere in un ambiente sano.
Tali diritti devono essere controbilanciati nel quadro di una nuova disciplina della pma, poiché la legge n. 40 del 2004 è considerata obsoleta ed incentrata principalmente sulla tutela dell’embrione, non tenendo conto della posizione della coppia all’interno della disciplina e dunque favorendo sempre l’interesse dell’embrione rispetto all’interesse dei soggetti ricorrenti.
Il diritto di veder soddisfatto il proprio desiderio di genitorialità è strettamente connesso con il diritto alla libertà riproduttiva, che significa “assicurare alle donne, alle ragazze e alle coppie la libertà fondamentale di decidere della propria vita sessuale e riproduttiva, compresa quella di decidere se e quando avere figli”[80].
Tale diritto è nato lentamente, attraverso una graduale evoluzione di norme che originariamente avevano una funzione essenzialmente esortativa[81].
Nel nostro ordinamento, oggi, viene identificato un vero e proprio diritto alla libertà riproduttiva e un vero e proprio diritto a procreare. Questi diritti rientrano fra i c.d. diritti fondamentali previsti dalla nostra Costituzione, di cui agli artt. 3, co. 2, e 31 Cost.[82].
È compito dello Stato intervenire attivamente con specifiche azioni a tutela della maternità e della salute riproduttiva dei cittadini ritenute situazioni decisive per lo sviluppo della persona umana[83]. Proprio da questo insieme normativo si evince che il diritto in questione non può essere classificato secondo la dicotomia tradizionale diritti positivi – libertà negative, poiché presenta elementi di entrambe le figure.
Il 17 dicembre 1966 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato con unanimità una soluzione per il problema del deficit demografico e dello scarso sviluppo economico[84]. La soluzione prevedeva la scissione fra interessi statali/sociali e pianificazione familiare, in quanto quest’ultima veniva identificata tra i diritti umani. Il concetto di pianificazione familiare è mutato negli anni Settanta, in quanto è stato identificato come mezzo per combattere la mortalità infantile e per soccorrere le donne desiderose di avere figli[85].
Il diritto della donna di controllare il proprio corpo è stato riconosciuto tra il 1975 e il 1980. Tale diritto è stato consacrato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la quale ha stabilito la parità dei sessi riguardo l’accesso ai servizi sanitari e il diritto di decidere liberamente il numero delle nascite. Diritto di decisione previsto per tutte le donne “quale che sia il loro stato matrimoniale”[86].
Allo stesso modo, il diritto alla pianificazione familiare venne inserito nel Trattato internazionale dei diritti umani, e dunque, è vincolante a livello universale. Di fondamentale importanza, in ambito internazionale, è l’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo[87], che protegge il diritto alla salute, e dunque anche il diritto alle cure delle malattie sessualmente trasmissibili, che determinano la sterilità di coloro che ne sono affetti.
Nel Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità del 1948, la salute viene descritta come «a state of complete physical mental and social well-being and not merely the absence of desease or infinity»[88].
Da ciò discende che il disagio psico-fisico causato dall’impossibilità di soddisfare il desiderio di maternità/paternità potrebbe minacciare la salute del singolo individuo (oltre che per la vita privata, per lo sviluppo e per l’identità), a cui pertanto va posto rimedio.
L’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 sancisce che «ogni individuo ha diritto di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici». Della stessa previsione è l’articolo 51.1, lett. b), del Patto sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, secondo il quale «gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni individuo di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni», tra cui sarebbero incluse le nuove tecnologie riproduttive[89].
Per la prima volta in questa Conferenza viene qualificata la procreazione come diritto fondamentale dell’uomo e l’accesso alle nuove conoscenze e applicazioni tecnologiche in biologia, medicina e biochimica viene definito «indispensable to the full realization of human rights and fundamental freedoms»[90], gli Stati prevedono una cautela: il progresso scientifico e tecnologico può mettere a repentaglio i diritti e le libertà dell’uomo.
Il processo procreativo e la condizione di totale benessere psico-fisico e sociale devono andare di pari passo. Proprio per questo nasce il diritto di libera scelta riguardo la propria riproduzione (reproductive choice), che ha un duplice profilo al suo interno: la scelta riguardo al tipo di riproduzione (reproductive choice practices)[91] e la scelta riguardo al tipo di intervento sull’embrione o sul feto (reproductive choice research)[92].
Altresì, dovrebbe essere modificata la cornice edittale delle sanzioni previste dalla legge n. 40 del 2004, poiché considerate alquanto severe. Il giurista Günther Jakobs ha proposto la formula “diritto penale del nemico” (Feindstrafrecht), per descrivere i sistemi penali degli ordinamenti contemporanei che si caratterizzano per la negazione di fondamentali diritti di garanzia ad alcune categorie di soggetti, descrivendoli come nemici, per i quali la pena può operare soltanto come strumento di neutralizzazione[93]. Nel caso della pma, le sanzioni sono rivolte principalmente ai medici e ai biologi che attuano le tecniche procreative. Al contrario, è presente una causa di non punibilità ex art. 12, co. 8, della legge n. 40 del 2004 per la donna e l’uomo ai quali sono applicate le tecniche di procreazione.
Come si è dimostrato, non esiste una disciplina internazionale per la maternità surrogata, ma ogni Stato ha un regime giuridico a sé. La maternità surrogata è considerata un fenomeno transnazionale: pertanto gli aspiranti genitori in uno Stato dove la pratica è vietata potranno facilmente trovare su internet un intermediario in un secondo Stato che offrirà servizi di maternità surrogata[94]. Per esempio, in Italia molto spesso le coppie decidono di andare in Ucraina. Al fine di evitare questo fenomeno la soluzione sarebbe quella di modificare la legge n. 40 del 19 febbraio 2004.
La maternità surrogata non è un fenomeno da sottovalutare: una sua totale liberalizzazione potrebbe causare danni, soprattutto alle madri surrogate. Il più grande problema della maternità surrogata, vista la giurisprudenza precedente, riguarda i casi in cui le madri surrogate non rispettano il contratto posto in essere. Data la grande sensibilità con cui è opportuno trattare quest’argomento, e per evitare qualsiasi violazione del contratto, vi sarebbe bisogno di una vera e propria regolamentazione riguardante la scelta delle madri surrogate, che devono essere consapevoli dell’atto compiuto e pronte alla perdita di qualsiasi diritto ed obbligo sul nascituro. Inoltre, in Italia, poiché è considerato un reato, non esiste una regolamentazione per quanto riguarda lo status dei nati da maternità surrogata. Questa è considerata una grave lacuna del nostro sistema.
Si osservi altresì che, da un punto di vista penalistico, secondo una parte della dottrina, i problemi che si riscontrano per i certificati di nascita dei bambini surrogati sono riconducibili al reato di alterazione di stato. Tuttavia la giurisprudenza ha constatato che tali certificati non possono integrare false dichiarazioni ex art. 567 c.p., in quanto l’atto viene formato all’estero nel Paese in cui la maternità surrogata può essere attuata.
Come si è evidenziato, gli Stati Uniti sono classificati fra i Paesi che disciplinano in modo meno restrittivo la pma, in particolar modo la maternità surrogata, per dare la possibilità anche a coppie omosessuali di accedere alla genitorialità. Sono differenti, invece, gli ordinamenti della Francia, della Germania e dell’Italia, che vedono nella maternità surrogata un vero e proprio reato da sanzionare e reprimere. In Spagna sono presenti delle aperture nei confronti della fecondazione eterologa in particolare, ma la maternità surrogata è tutt’oggi considerata reato.
In Italia, si dovrebbe puntare sull’obiettivo di garantire il soddisfacimento del desiderio di genitorialità a tutti, anche promuovendo la maternità surrogata in modo restrittivo, e dunque solo per coloro che non possono accedere alla genitorialità in altro modo. Al contempo, è importante che la scelta delle madri surrogate venga regolata minuziosamente: esse devono essere volontarie e devono essere sottoposte a test psicologici che possano prepararle alla rinuncia ad ogni diritto sul bambino. Altresì, dev’essere effettuato un controllo sull’esecuzione del contratto di maternità surrogata, per evitare che le madri surrogate possano chiedere riscatti per la consegna del bambino, una volta nato.
Bisognerebbe prendere in considerazione il fatto che coloro che agiscono per effettuare la maternità surrogata lo fanno con un unico scopo: avere un figlio. Soddisfare il bisogno di genitorialità è un preciso diritto tutelato dalla nostra Costituzione.
Il modello spagnolo è certamente un sistema da prendere in considerazione per un ammodernamento della disciplina italiana, soprattutto per quanto riguarda il fronte dell’accesso alle tecniche di pma, che sono aperte a tutte le donne maggiorenni con piena capacità di agire.
È evidente che l’Italia non è pronta ad un’apertura nei confronti della maternità surrogata, come si evince dalla recente proposta di legge del nuovo Governo, che vorrebbe estendere il reato di maternità surrogata anche nel caso in cui essa sia stata praticata all’estero, in un Paese in cui è lecita[95]. Ancora non è chiaro se la proposta di legge diverrà legge, ma certo è che un eventuale accoglimento di tale proposta comporterà una regressione sotto il profilo del diritto alla genitorialità, che è un diritto civile fondamentale. In definitiva, occorre rimarcare che il vero problema della maternità surrogata è legato all’assenza di regole, assodato che la legge n. 40 del 2004 non può più essere considerata l’unico punto di riferimento.
È arrivato il momento che l’Italia, e più in generale l’Europa, tragga una lezione dalle differenti discipline internazionali, specialmente dagli Stati Uniti, prendendo spunto per un’eventuale modernizzazione.
[1] CASSANO G., Le nuove frontiere del diritto di famiglia. Il diritto a nascere sani; la maternità surrogata; la fecondazione artificiale eterologa, la fecondazione artificiale post mortem, Giuffrè Editore, Milano, 2000, p. 51 ss.
[2] STEFANELLI S., op. cit., p. 133. L’Autrice afferma che il Parlamento Europeo ha prodotto un documento di sintesi della legislazione sulla gestazione per altri vigente nei vari Paesi dell’Unione, nel quale si prevede di utilizzare la parola “genitore intenzionale” per definire colui che vuole crescere il nascituro.
[3] CASSANO G., op. cit., p. 53.
[4] V. Enciclopedia Treccani, al sito www.treccani.it.
[5] CASSANO G., op. cit., p. 54. Per ulteriori approfondimenti sul pensiero di Cassano si veda BILOTTA F., La maternità surrogata, in LIBERATI A., BILOTTA F., Diritti della personalità e biotecnologie, Edizioni Melissa, Roma, 1999, p. 69.
[6] FARAONI A. B., La maternità surrogata. La natura del fenomeno, gli aspetti giuridici, le prospettive di disciplina, Giuffrè Editore, Milano, 2002, p. 21.
[7] CASSANO G., op. cit., p. 54.
[8] FARAONI A. B., op. cit., p. 22.
[9] BUZZI F., TASSI G., op. cit., p. 145.
[10] DOLCINI E., op. cit., p. 5.
[11] ID., op. cit., p. 146. V. art. 428 c.p.
[12] VIGANÒ F., Reati contro la persona, Giappichelli Editore, Torino, 2022, p. 202.
[13] TIGANO V., I limiti dell’intervento penale nel settore dei diritti riproduttivi, Giappichelli Editore, Torino, 2019, p. 200 ss.
[14] GALLO F., La Gravidanza per Altri in Italia: dal divieto universale alle proposte di regolamentazione. Riflessioni a margine del progetto di legge “Meloni” e della proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, in Giurisprudenza Penale, 19 luglio 2022, n. 7, p. 18.
[15] VIGANÒ F., op. cit., p. 205; DOLCINI E., op. cit., p. 5.
[16] ID., op. cit., pp. 205-206. L’Autore spiega che: “le divergenze normative a livello statale circa l’ammissibilità e la regolamentazione della maternità surrogata e l’assenza nel diritto internazionale di norme uniformi, spingono sempre più coppie e singoli a recarsi all’estero, in posti in cui le pratiche di gestazione per altri sono ammesse, per realizzare il proprio progetto genitoriale. Questo è il fenomeno del c.d. turismo procreativo; rispetto a tale fenomeno è problematica l’applicazione dell’art. 12, co. 6, della legge n. 40 del 2004, per i fatti posti in essere fuori dal territorio italiano”.
[17] VIGANÒ F., op. cit., p. 205; DOLCINI E., op. cit., p. 5.
[18] MARINUCCI G., DOLCINI E., GATTA G. L., Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, pp. 150-151.
[19] ID., op. cit., p. 152. Il legislatore ha seguito la teoria dell’ubiquità, volta ad estendere l’applicabilità della legge penale italiana a fatti che non sono stati realizzati in tutti i loro elementi nello Stato italiano. Difatti, basta che una parte dell’azione o dell’omissione, ovvero dell’evento si sia verificato in Italia per sottoporre l’intero reato alla disciplina della legge penale italiana.
[20] Ibidem, p. 157. L’Autore spiega che: “In particolare, quando si tratta di un delitto punito con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, l’applicabilità della legge penale italiana è subordinata alla condizione che il cittadino, dopo la commissione del reato, sia presente nel territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 9, co. 1, c.p. Inoltre, secondo il comma 2 dell’art. 9, per i delitti puniti con la reclusione inferiore nel minimo a tre anni, la legge penale italiana è applicabile a condizione che ci sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa”.
[21] TIGANO V., op. cit., p. 376; VIGANÒ F., op. cit., p. 206. Per ulteriori approfondimenti si veda SPENA A., Una storia semplice? Surrogazioni, alterazioni, falsificazioni, in Rivista italiana di medicina legale, 2015, n. 37, p. 1546 ss.
[22] Id., op. cit., p. 376. Per l’Autore, inoltre, è anche il rispetto del principio di materialità a esigere che a integrare il reato in esame non basti un mero accordo tra le parti.
[23] Cfr. Viganò F., op. cit., p. 206. Cfr. Sentenza della Cassazione n. 5198 del 28 ottobre 2020. In questo caso, si è esclusa la rilevanza ai fini dell’applicabilità dell’art. 6 c.p. dei contatti prodromici intrattenuti via “e-mail” dai futuri genitori al fine di valutare le possibili soluzioni per ricorrere alle tecniche di maternità surrogata, in quanto ancora non dimostrativi della decisione di ricorrere alla pratica vietata. TIGANO V., op. cit., p. 376. Per ulteriori approfondimenti si veda VALLINI A., Illecito compimento e valore del concepito, Giappichelli Editore, Torino, 2012, p. 144, che sostiene: «se il legislatore avesse inteso diversamente, avrebbe dovuto utilizzare verbi quali “stipulare” o “concludere” un contratto (illecito) volto ad attribuire l’incarico alla madre sostitutiva […]. La fase del semplice accordo si colloca in un momento puramente preliminare, inadatto a rilevare finanche nei termini di un tentativo, difficilmente potendosi riscontrare una “idoneità” ed “univocità” verso la realizzazione della pratica quando ancora alcuni dei soggetti coinvolti abbiano soltanto promesso, senza essersi materialmente sottoposti al protocollo medico».
[24] Viganò F., op. cit., pp. 206-207.
[25] Gallo F., La Gravidanza per Altri in Italia: dal divieto universale alle proposte di regolamentazione. Riflessioni a margine del progetto di legge “Meloni” e della proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, in Giurisprudenza penale, 19 ottobre 2022, p. 6 ss.; Viganò F., op. cit., p. 207.
[26] TIGANO V., op. cit., p. 384.
[27] Cfr. ID., op. cit., p. 389.
[28] NIMBI F. M., CIOCCA G., LIMONCIN E., SIMONELLI C., JANNINI E. A., Procreazione medicalmente assistita e maternità surrogata: stato dell’arte e prospettive future della genitorialità nelle coppie omosessuali, in L’Endocrinologo, Springer Link, 2018, n. 19, pp. 196- 200.
[29] ID., op. cit. pp. 196-200. Gli Autori rinviano al sito internet americano www.census.gov, e prendono come spunto l’articolo Characteristics of Same-Sex Couple Householdsdel 30 marzo 2018 presente nello stesso sito.
[30] Ibidem, p. 196.
[31] V. legge n. 76 del 2016, intitolata Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
[32] GALLO F., op. cit., p. 6 ss.
[33] ANGELI F., Fecondazione eterologa e gestazione surrogata: procreazione tecnologica e sfide etiche per la società, in Salute e Società, Franco Angeli Editori, 2019, n. 1, pp. 150-163. L’Autore spiega che, nel caso della gestazione surrogata, l’Italia la vieta per motivi vari, per lo più legati allo sfruttamento del corpo femminile e al fatto che la madre è, da sempre, la “donna partoriente”.
[34] STEFANELLI S., op. cit., p. 26. La c.d. “famiglia ad instar naturae”: due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile.
[35] ANGELI F., op. cit., p. 26. Per approfondire il pensiero di Angeli si veda anche CARONE N., LINGIARDI V., CHIRUMBOLO A., BAIOCCO R., Italian Gay Father Families Formed by Surrogacy: Parenting, Stigmatization, and Children’s Psychological Adjustment, in Development Psychology,2018, 54, p. 1904 ss. In questo studio, quaranta famiglie composte da padri omosessuali italiani che hanno utilizzato la maternità surrogata sono state confrontate con quaranta famiglie composte da madri omosessuali italiane che hanno utilizzato l’inseminazione donatrice, tutte con un bambino di età compresa tra 3 e 9 anni. Sono stati affidati ai genitori e bambini, degli insegnanti e uno psichiatra infantile che usavano misure standardizzate di interviste, osservazioni e questionari sulla qualità genitoriale e l’adattamento dei bambini.
[36] ID., op. cit., p. 24. V. l’art. 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, che prevede: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”. Ai sensi dell’articolo 14, “il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.
[37]BAIOCCO R., LAGHI F., Sexual Orientation and the Desires and Intentions to Become Parents, 2013, vol. 19, fasc. 1, pp. 90–98. L’Autore affronta uno studio sulle persone omosessuali senza figli, e afferma che essi avevano meno probabilità rispetto ai loro coetanei eterosessuali di riferire i desideri e le intenzioni genitoriali. I dati hanno dimostrato che i partecipanti maschi omosessuali e donne omosessuali, a livello sociale, soffrono di una minore fiducia riguardo all’essere genitori rispetto alle loro controparti eterosessuali.
[38] V. Enciclopedia Treccani, al sito www.treccani.it. Il divieto di donazioni di gameti ha determinato il fenomeno definito “turismo riproduttivo”: la migrazione verso centri stranieri di migliaia di coppie italiane, che non riguarda solo la ricerca di un centro che possa permettere di portare avanti e rendere concreto il desiderio dell’essere genitore, ma riguarda anche chi cerca centri migliori o è costretto da alcune specifiche proibizioni, come quella che esclude dai trattamenti di pma le donne sole, le coppie omosessuali e le coppie portatrici di malattie genetiche o infettive.
[39] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Per ulteriori approfondimenti si veda IACOMETTI M., La procreazione medicalmente assistita nell’ordinamento spagnolo, in La fecondazione assistita nel diritto comparato, di CASONATO C., FROSINI T. E., Torino, Giappichelli, 2006, pp. 37-91.
[40] DOLCINI E., op. cit., p. 50.
[41] RIZZA A., Procreazione medicalmente assistita, embrioni sovrannumerari e maternità surrogata nell’ordinamento spagnolo, in Rivista Familia, 2020, p. 1.
[42] DOLCINI E., op. cit., p. 50. Il caso della sentenza del Tribunale costituzionale della Spagna n. 116/1999, con la quale ha previsto la possibilità di creare e impiantare un numero non limitato di embrioni nell’utero della donna, come previsto dall’art. 4 della legge del 1988, non è contraria alla dignità della persona. Questa sentenza è ormai superata dalla successiva legge. Inoltre, si veda il sito www.boe.es.
[43] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. PICÒ C. G., op. cit., p. 37. L’Autore dichiara che la legge n. 14 del 2006 ha, in seguito, abrogato la legge n. 35 del 1988.
[44] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. ID., op. cit., p. 37.
[45] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem, p. 39. Per ulteriori approfondimenti si consulti PANTALEÒN F., Técnicas de reproducciòn asistida y Constituciòn, in Revista del Centro de Estudio Costitucionales, 1993, n. 15, maggio-agosto, pp. 129-160.
[46] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[47] GENTILOMO A., PIGA A., NIGROTTI S., op. cit., p. 97.
[48] Si rimanda al sito www.camera.deputati.it. V. art. 10 della legge n. 14 del 2006.
[49] TIGANO V., op. cit., pp. 66-67.
[50] ID., op. cit., pp. 66-67.
[51] Ibidem.
[52] Ibidem.
[53] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. RÖRIG T. M., Procreazione medicalmente assistita, 2008, p. 15. L’Autore afferma che l’ultima modifica delle Direttive è avvenuta il 15 novembre 2007 ed è entrata in vigore il 6 febbraio 2008.
[54] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[55] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[56] GENTILOMO A., PIGA A., NIGROTTI S., op. cit., p. 77.
[57] ID., op. cit., pp. 96-97.
[58] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it; ASTESIANO P., Procreazione medicalmente assistita, 2008, p. 15. La legge in questione contiene la disciplina della materia e stabilisce che l’assistenza medica alla procreazione comprende le “attività cliniche e biologiche che consentono il concepimento in vitro, il transfer di embrioni e l’inseminazione artificiale, nonché ogni altra tecnica di effetto equivalente che permetta la procreazione al di fuori del procedimento naturale”.
[59] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[60] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[61] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[62] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[63] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[64] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it.
[65] TIGANO V., op. cit., p. 24.
[66] ID., op. cit., pp. 24-25.
[67] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. DE STEFANIS A., Procreazione medicalmente assistita, 2008, p. 52.
[68] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. ID., op. cit., p. 54.
[69] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem, p. 54.
[70] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem, p. 55.
[71] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem.
[72] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem. È il potere di esercitare un controllo sulle persone e sulle cose nell’interesse della difesa generale, della salute, della sicurezza, della morale e del benessere; tale potere è riconosciuto nel Decimo emendamento, il quale stabilisce che: “i poteri non demandati dalla Costituzione agli Stati Uniti, o da essa non vietati agli Stati, sono riservati ai rispettivi Stati o al popolo”.
[73] Si rimanda al sito www.cortecostituzionale.it. Ibidem, p. 56.
[74] FARAONI A. B., op. cit., p. 143.
[75] ID., op. cit., p. 143.
[76] Ibidem.
[77] Ibidem.
[78] Ibidem.
[79] MC DONALD C., Changing the Facts of Life: the Case of Baby M, in Substance, 1991, vol. 20, n. 1, p. 36.
[80] Id., op. cit., p. 6.
[81] CAMPAGNOLI M. C., Procreazione medicalmente assistita e fecondazione eterologa: il percorso frastagliato della legge 40/2004. Fattispecie, disciplina e profili giurisprudenziali, Key Editore, Vicalvi, 2017, p. 12.
[82] BALDINI G., SOLDANO M., Tecnologie riproduttive e tutela della persona: Verso un comune diritto europeo per la bioetica,Firenze, Firenze University Press, 2007, p. 12 ss.
[83] Id., op. cit., p. 12. Per ulteriori approfondimenti si consulti BALDINI G., Libertà procreativa e fecondazione artificiale, ESI, Napoli, 2006.
[84] CAMPAGNOLI M. C., op. cit., p. 12.
[85] ID., op. cit., p. 12.
[86] Ibidem.
[87] Si rimanda al sito www.senato.it. L’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo prevede che: “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”.
[88] Cfr. Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità del 1948. Si rimanda al sito www.salute.gov.it. La Costituzione dell’OMS enuncia che: “gli Stati partecipanti alla presente costituzione dichiarano, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, che alla base della felicità dei popoli, delle loro relazioni armoniose e della loro sicurezza, stanno i principi seguenti: la sanità è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità. Il possesso del migliore stato di sanità possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, di religione, d’opinioni politiche, di condizione economica o sociale. La sanità di tutti i popoli è una condizione fondamentale della pace del mondo e della sicurezza; essa dipende dalla più stretta cooperazione possibile tra i singoli e tra gli Stati. I risultati raggiunti da ogni Stato nel miglioramento e nella protezione della sanità sono preziosi per tutti. La disparità nei diversi paesi per quanto concerne il miglioramento della sanità e la lotta contro le malattie, in particolare contro le malattie trasmissibili, costituisce un pericolo per tutti. Lo sviluppo sano del fanciullo è d’importanza fondamentale; l’attitudine a vivere in armonia con un ambiente in piena trasformazione è essenziale per questo sviluppo. Per raggiungere il più alto grado di sanità è indispensabile rendere accessibili a tutti i popoli le cognizioni acquistate dalle scienze mediche, psicologiche ed affini. Un’opinione pubblica illuminata ed una cooperazione attiva del pubblico sono d’importanza capitale per il miglioramento della sanità dei popoli. I governi sono responsabili della sanità dei loro popoli; essi possono fare fronte a questa responsabilità, unicamente prendendo le misure sanitarie e sociali adeguate. Riconoscendo questi principi, ed allo scopo di cooperare tra di loro e con tutti per migliorare e proteggere la sanità di tutti i popoli, le Alte Parti contraenti accettano la presente costituzione ed istituiscono con ciò l’Organizzazione mondiale della sanità, come organizzazione speciale delle Nazioni Unite”.
[89] CAMPAGNOLI M. C., op. cit., p. 12.
[90] Cfr. ID., op. cit., p. 18.
[91] Ibidem, p. 14. L’Autrice spiega che la “reproductive choice practices” è “la prevenzione del concepimento o la sua interruzione, il concepimento con assenza medica, concepimento successivo alla menopausa”.
[92] Ibidem. L’Autrice spiega che la “reproductive choice research” è “la ricerca degli embrioni, terapia genica, utilizzo di tessuti fetali”.
[93] DOLCINI E., op. cit., p. 19.
[94] SCHAPPO K. T., La maternità surrogata nel 2020: evoluzione del quadro normativo e sfide rimanenti, in GenIus, 2020, vol. 1, p. 2.
[95] GALLO F., op. cit., p. 6 ss.