The Court of Appeal of Trento and male homoparentality
L’autore commenta due sentenze della Corte di Appello di Trento che forniscono una interessante rilettura dell’art. 44 lett. d) della legge n. 184/1983 nel caso di famiglie omoaffettive. Le decisioni escludono l’applicazione dell’art. 55 della legge adozioni, parificando l’adozione in casi speciali all’adozione piena, perseguendo il preminente interesse del/la minore.
This short paper notes on two decisions made by the Trento Court of Appeal advancing a fascinating reinterpretation of Art. 44 lett. d) of the adoption act n. 184/1983 in the case of homosexual couple. The court, in fact, rejects the application of Art. 55 of the same , making step-child adoption equal to full adoption, according to the best interest of the child.
- Omogenitorialità e certezza dello status di figlio/a.
L’omogenitorialità è, anche in Italia, sempre meno considerata un tabù e il diffondersi delle famiglie omoaffettive e il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita all’estero comportano un crescente contenzioso giudiziario per la tutela di bambini e bambine accolti in questi contesti familiari[1].
Anche nelle famiglie omoaffettive, allora, la valutazione dell’interesse del/la minore sarà inevitabilmente diretta alla stabilità dello status di figlio/a. Il rischio, tutt’altro che peregrino, è quello di attribuire agli stessi minori uno status claudicante, meno favorevole di quello previsto dal codice civile, con la conseguenza di reintrodurre una gerarchia fra figli/e.
Gerarchia che il legislatore della riforma del 2012/2013 (l. n. 219/2012 e d.lgs. n. 154/2013) ha di certo voluto cancellare dal nostro ordinamento e che mal si concilierebbe anche con il divieto di discriminazione per la nascita previsto dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza).
Gerarchia che, da ultimo, la stessa Corte costituzionale ha messo in discussione, invitando il legislatore ad intervenire quanto prima per garantire un’adeguata tutela a figli e figlie di coppie same-sex, sottolineando peraltro che la tutela del preminente interesse del/la minore comprende la garanzia del suo diritto all’identità affettiva, relazionale, sociale, fondato sulla stabilità dei rapporti familiari e di cura e sul loro riconoscimento giuridico[2].
La tutela della persona minore di età, in questa prospettiva, trova nella disciplina degli status familiari una sfida di non poco momento, tanto più che nella famiglia contemporanea l’esigenza della stabilità del vincolo genitoriale – certezza meramente formale, costrutto legale – può non corrispondere al dato biologico: la ratio giuridica diventa allora quella di riconoscere alla condizione individuale delle persone minori di età uno statuto stabile, nel pieno rispetto delle loro identità e con la necessaria flessibilità[3]. Questa opzione di politica del diritto riflette la complessità dell’identità personale del/la minore, che come ogni identità è un insieme di biologia e biografia, né la scienza giuridica può permettersi di ridurre l’identità al solo “legame genetico”, a pena di una intollerabile regressione culturale[4].
Oltretutto, l’indicazione socio-giuridica che emerge dalle ultime leggi in materia di filiazione e dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale e della CEDU, confortate anche dai più recenti e rigorosi studi psicologici[5], intende preservare e tutelare la continuità affettiva in tutti quei casi in cui vi sia un rapporto di fatto fra adulti e minore di età, rapporto significativo per il suo sviluppo, dato che da tale rapporto lo stesso minore trae un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico. Oltre che sul piano più strettamente patrimoniale e successorio[6].
In tal senso all’interno delle varie famiglie socialmente diffuse, il preminente interesse della persona minore di età propende sempre per il riconoscimento e la stabilità dello status che gli garantisca il grado maggiore di tutela dei diritti fondamentali[7]. Sicché, come è stato efficacemente sostenuto, il diritto allo status costituisce davvero il primo dei diritti del/la bambino/a[8].
Come noto, tuttavia, per approvare la legge n. 76/2016 il legislatore ha faticato moltissimo, segno della difficoltà politica del riconoscere una pari dignità sociale alle unioni same-sex[9], pari dignità che trova una sicura base giuridica, oltre che nell’art. 2 Cost., anche nell’art. 8 della Cedu e negli artt. 7 e 9 della Carta di Nizza, il quale ultimo articolo riconosce espressamente due diversi diritti distinti: quello di sposarsi e quello di costituire una famiglia[10].
Lo stigma del legislatore italiano verso il riconoscimento delle unioni civile (e, verrebbe da pensare considerando l’attualità, dell’omosessualità in sé), difatti, è stato particolarmente evidente nella volontà di escludere l’accesso alla filiazione delle coppie omoaffettive, aggirando la questione della c.d. step-child adoption con un nebuloso inciso alla fine del comma 20 dell’art. 1 della legge 76/2016, in base al quale «[r]esta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti»[11]. Il legislatore ha così adottato la posizione del ‘pesce in barile’ e, in un percorso che dalla indifferenza si muove lentamente verso la tolleranza, ha lasciato aperto il ricorso all’adozione ai sensi dell’art. 44, lett. d) della legge 184/1983[12]. La giurisprudenza meno coraggiosa ha seguito questo atteggiamento, finendo per dare maggior risalto al disvalore per la pratica della gestazione per altri piuttosto che al preminente interesse dei/delle minori nati/e da tale pratica[13].
Ma accesso alla filiazione e all’adozione, da un lato, e tutela del minore accolto in famiglie omoaffettive, dall’altro, sono da considerarsi due piani temporalmente e logicamente distinti. Un conto è vietare l’accesso alla procreazione medicalmente assistita o all’adozione alle coppie omosessuali, così frustrando nel nostro territorio eventuali progetti genitoriali non ritenuti adeguati al contesto sociale o persino ad un astratto “interesse” di tutti i bambini[14]; altro conto è che una persona minore di età nasca o cresca in una c.d. “famiglia arcobaleno”[15], nel qual ultimo caso – essendo il/la minore nato/a ed esistente – occorrerà comunque tutelarlo/a al meglio. Preminenti, anche nel caso dell’omogenitorialità, devono essere le garanzie per il/la neonato/a, «non solo in relazione ai diritti e ai doveri previsti per la sua formazione, in particolare dagli Artt. 30 e 31 della Costituzione, ma ancor prima – in base all’Art. 2 Cost. – ai suoi diritti nei confronti di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone le relative responsabilità»[16].
Sicché, in mancanza di un’adeguata tutela legislativa, la garanzia del best interest delle persone minori di età accolte in famiglie omoaffettive è affidata all’opera occasionale e incerta dei singoli giudici, prescindendo dalla circostanza che i/le minori siano stati/e concepiti/e da un precedente rapporto eterosessuale o attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita[17]. Nel caso dei/delle figli/e minori accolti/e in famiglie omoaffettive, difatti, la giurisprudenza si trova a bilanciare l’interest of the child, che – piaccia o meno – coincide con l’autodeterminazione procreativa dei genitori, con ragioni di ordine pubblico. Interessi da ponderare che sono tutt’altro che opposti, dato che l’interesse del minore e la sua tutela è parte integrande dell’ordine pubblico da preservare[18].
Bilanciamento di interessi che, è opportuno in ogni caso sottolinearlo, non può (rectius, non dovrebbe) concretamente comportare una distinzione fra genitori eterosessuali e genitori omosessuali: l’esigenza di tutela del/la minore, difatti, rimane identica[19]. E ciò è desumibile pure da quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale nelle sentenze n. 138/2010, n. 162/2014 e n. 221/2019: l’omogenitorialità può essere iscritta nel quadro delle forme di esercizio dell’autodeterminazione affettiva e familiare riconosciute dal nostro ordinamento giacché l’unione tra persone dello stesso sesso è una formazione sociale ove la persona svolge la sua personalità (sent. n. 138/2010) [20], la scelta di diventare genitori e di formare una famiglia costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi delle persone[21], e in ogni caso la nascita del minore, comunque avvenuta, impone di riconoscere la genitorialità anche omosessuale[22]. L’elemento della diversità di sesso fra genitori infatti, nel sistema multilivello delle fonti del nostro ordinamento, non giustifica mai una condizione deteriore per figli e figlie[23].
2. Le sentenze nn. 5 e 6 del 2021 della Corte di Appello di Trento.
Con due sentenze gemelle, la n. 5 e la n. 6 del 2021 depositate il 14 ottobre 2021, la Corte d’Appello di Trento, Sezione civile minorile, torna sulla questione dell’omogenitorialità maschile e l’applicazione dell’art. 44 lett. d) della legge n. 184/1983. In entrambi i casi i giudici si confrontano con famiglie di padri gay, che hanno fatto ricorso all’estero alla gestazione per altri e hanno richiesto non, come già riconosciuto in primo grado dal Tribunale per i minorenni, che il padre sociale fosse riconosciuto giuridicamente ex art. 44 lett. d) della legge adozioni, unico escamotage lasciato aperto dalla giurisprudenza costituzionale per tutelare i/le minori, in attesa di una legge che li/le tuteli più efficacemente[24]; bensì che in punto di effetti giuridici connessi all’adozione in casi particolari fosse escluso il richiamo all’art. 55 legge adozioni, che come noto rinvia alla disciplina dell’adozione di maggiorenni, creando uno status giuridico potenzialmente non equiparabile a quello di figlio ex art. 315 c.c. post riforma 2012.
Già la Cassazione – supportata dalla Corte costituzionale – si è mostrata rigida nel rintracciare una tutela alternativa al(la) minore accolto/a in famiglie omoaffettive nell’art. 44 lett. d) della legge adozioni[25], abbracciando un’interpretazione di tale norma che, però, parrebbe attribuire al(la) minore uno status claudicante e stigmatizzante, ricalcando il modello di quello previsto per l’adozione del maggiorenne[26].
Così finendo per legittimare una prassi che discrimina per la nascita i/le figli/e delle famiglie omoaffettive (violando apertamente l’Art 3 Cost. e 21 Carta di Nizza), a cui certo non dovrebbe potersi far ricadere la “colpa” per la semplice circostanza di essere nati/e all’estero o in Italia. Nascere in una famiglia omoaffetiva maschile o femminile, e nel secondo caso nascere in Italia o all’estero, diventa allora, nel nostro ordinamento, un discrimen: solo nel caso della coppia di donne che abbia partorito all’estero, invero, si riconosce direttamente lo status di figlio/a della famiglia omoaffetiva, considerato che non vi sono ragioni di ordine pubblico per impedire la trascrizione di un atto di nascita formato all’estero; in tutti gli altri casi si nega e si richiede al/la “genitore/genitrice sociale” il ricorso all’adozione in casi particolari[27].
Proprio per tutelare al meglio il minore, la Corte di Appello di Trento accede invece ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 44 lett. d) della legge adozioni, traendo solo apparentemente le proprie argomentazioni dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019[28], che individua proprio nell’art. 44 lett. d) lo strumento idoneo a consentire la costituzione di un legame giuridico con il genitore sociale. Da qui però la Corte d’Appello si spinge ben oltre, mirando ad equiparare l’adozione in casi particolari all’adozione piena[29], forte anche della pronuncia delle Sezioni Unite n. 9006 del 2021[30]. Tale lettura, in particolare, ha il merito di garantire ai/alle minori lo status unico di figlio/a in armonia con la riforma della filiazione del 2012/2013 e con gli Artt. 2 e 3 della Costituzione (nonché con gli Artt. 8 e 14 Cedu e 21 e 24 Carta di Nizza).
La Corte d’Appello di Trento, quindi, accoglie la richiesta dei reclamanti di espungere dal testo delle sentenze che riconoscono l’adozione dei padri non biologici ogni riferimento all’art. 55 della legge n. 184/1983, prendendo atto che tale norma va riletta in un nuovo quadro normativo, ridefinito dalla riforma della filiazione del 2012, che ne ha comportato l’implicita abrogazione ex art. 15 preleggi. Ad essere venuta meno, invero, è la ratio stessa dell’art. 55 della legge adozioni, poiché essa era giustificata sul presupposto che, al contrario di quanto avviene con l’adozione ordinaria che stralcia qualsiasi rapporto con la famiglia di origine[31], nell’adozione in casi particolari non occorre in genere scindere i legami con la famiglia di origine, ma solamente riconoscere una veste giuridica ad un rapporto parafamiliare ulteriore rispetto a quello del minore con il proprio nucleo familiare originario e i propri parenti. A seguito della legge n. 219/2012 e all’affermarsi dello status unico di figlio tale ratio è venuta meno, perché non corrispondente più al preminente interesse del/la minore: oggi difatti l’art. 44 lett. d) della legge 184/1983 si presta ad accogliere e tutelare una casistica composita ove, talora, potrebbe risultare impossibile (per il minore abbandonato e per il minore nato all’interno di una coppia omogenitoriale) se non addirittura pregiudizievole (per il minore maltrattato) mantenere il legame con la propria famiglia d’origine.
Nei casi decisi dalla Corte d’Appello di Trento, oltretutto, la valutazione del best interest of the child effettuata appare, tra le righe, riconoscere tutela al/la minore col mantenere salde le relazioni affettive e garantire una stabile consuetudine di vita dello/a stesso/a: a nessuno gioverebbe, d’altro canto, né mantenere il legame con una genitrice biologica, anonima e disinteressata, che il/la minore non ha mai riconosciuto come figura significativa (i.e. la madre gestante), né non riconoscere i legami di parentela con il padre sociale e il nuovo nucleo familiare nel quale è, invece, ben inserito/a e che egli/ella sente come proprio. Si può ritenere, allora, che la riforma della filiazione ha operato un’abrogazione tacita dell’art. 55 della legge n. 184/1983 nella parte in cui richiama l’art. 300, comma 2, c.c., ultimo periodo, soprattutto per ragioni di ordine sistematico e di armonia formale. Ciò perché si tratterebbe di negare sul piano degli effetti giuridici ciò che avviene, con pienezza, sul piano delle relazioni esistenziali, pregiudicando le relazioni del minore con la propria cerchia parentale per il solo fatto di aver fatto ricorso ad un’adozione in casi particolari, che in molti casi ha tutti i crismi di un’adozione legittimante[32].
3. Interesse del minore e responsabilità genitoriale
Decisioni significative, quelle della Corte d’Appello di Trento, che hanno il merito di dimostrare come il principio del best interest of the child non serve a cristallizzare la famiglia attorno all’apriori della eterosessualità delle figure genitoriali ma, al contrario, può essere utilizzato molto pragmaticamente in considerazione dei legami affettivi effettivamente stabilitisi fra adulti e minori nella famiglia omoaffettiva, con ciò aprendo il regime giuridico della famiglia a un reale pluralismo.
Soluzione, però, che non soddisfa pienamente le istanze egualitarie dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali, dal momento che una tutela effettivamente più rapida – in termini di legal process, perché esclude il vaglio (ex art. 57 legge n. 184/1983) dei Servizi sociali e degli organi di pubblica sicurezza sull’idoneità del “padre sociale” ad adottare il/la minore[33] – e solida per le persone minori di età coinvolte, avrebbe dovuto spingere la giurisprudenza di legittimità e costituzionale a valorizzare le norme degli artt. 8 e 9 della legge n. 40/2004, nella misura in cui consentirebbero di riconoscere direttamente la responsabilità genitoriale in capo al partner che esprime il consenso informato alla procreazione medicalmente assistita tramite gestazione per altri[34].
La Corte costituzionale, invece, nelle sentenze nn. 32 e 33 del 2021 hanno preferito rimettere al legislatore la questione di una tutela maggiormente efficace per i minori accolti in famiglie arcobaleno, pur sottolineando che risulta insufficiente l’istituto dell’adozione in casi particolari, per come attualmente regolato. Nelle parole della Corte costituzionale – nella sentenza n. 33/2021 che ha ad oggetto proprio la genitorialità gay – si puntualizza chiaramente che «l’adozione in casi particolari non attribuisce la genitorialità all’adottante. Inoltre, pur a fronte della novella dell’art. 74 cod. civ., operata dall’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali), che riconosce la generale idoneità dell’adozione a costituire rapporti di parentela, con la sola eccezione dell’adozione di persone di maggiore età, è ancora controverso – stante il perdurante richiamo operato dall’art. 55 della legge n. 184 del 1983 all’art. 330 cod. civ. – se anche l’adozione in casi particolari consenta di stabilire vincoli di parentela tra il bambino e coloro che appaiono socialmente, e lui stesso percepisce, come i propri nonni, zii, ovvero addirittura fratelli e sorelle, nel caso in cui l’adottante abbia già altri figli propri. Essa richiede inoltre, per il suo perfezionamento, il necessario assenso del genitore “biologico” (art. 46 della legge n. 184 del 1983), che potrebbe non essere prestato in situazioni di sopravvenuta crisi della coppia, nelle quali il bambino finisce per essere così definitivamente privato del rapporto giuridico con la persona che ha sin dall’inizio condiviso il progetto genitoriale, e si è di fatto presa cura di lui sin dal momento della nascita».
Chi scrive, pertanto, è dell’avviso che, in una prospettiva non discriminatoria maggiormente confacente al preminente interesse del/la minore, le norme ex artt. 8 e 9 della legge n. 40/2004 avrebbero immediatamente consentito di attribuire ai/alle nati/e (a seguito del ricorso all’estero alla fecondazione assistita/gestazione per altri) lo status giuridico di figli riconosciuti della coppia omosessuale che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche procreazione medicalmente assistita (compresa la surrogacy). Dal momento che la ratio di tale disciplina è sempre stata solo quella di tutelare i/le minori nati/e, anche contro ripensamenti di persone che hanno contribuito al progetto parentale (art. 9, legge n. 40/2004)[35].
Interpretazione che, in definitiva, permetterebbe di valorizzare nel diritto della filiazione non già l’autodeterminazione procreatica degli adulti, bensì direttamente quei principi di solidarietà e di responsabilità genitoriale che, ad oggi, paiono – socialmente e giuridicamente – l’essenza delle relazioni familiari[36].
Ogni discorso sulla genitorialità, anche quella omoaffettiva, non può che essere oggi affrontato in un’ottica paidocentrica[37]. Ciò è conseguenza diretta del diffondersi della cultura giuridica dei diritti umani, a cui si aggiunge un sicuro argomento costituzionale: l’art. 30 Cost., base giuridica di qualsiasi discorso sulla responsabilità genitoriale, ci restituisce una famiglia funzionale al/la minore, ove sono i figli/le figlie ad avere precisi diritti verso genitori e genitrici. In tale quadro, anche la bigenitorialità, che ancora prima di individuare il contenuto di un diritto umano, rappresenta un parametro a partire dal quale il sistema giuridico definisce l’idoneità delle persone adulte e dei contesti familiari a crescere un figlio o una figlia, viene ridefinita oltre il canone della eterosessualità[38]. Quel che vien sempre più in rilievo nel formante giurisprudenziale, impegnato a dar corpo all’interesse del minore, è la fondamentale e generale libertà delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia a condizioni non discriminanti rispetto a quelle accordate dalla legge alle coppie eterosessuali.
Tale libertà non si pone davvero in conflitto col best interest of the child, ed anzi ad essa corrisponde il diritto dei figli e delle figlie minori di età a non essere discriminati/e in virtù delle modalità procreative che hanno caratterizzato il loro concepimento e/o della nascita in famiglia non “tradizionale” (ex artt. 21 e 24 Carta di Nizza). L’elemento di discrimine rappresentato dall’orientamento sessuale dei genitori non può giustificare mai una condizione deteriore per i figli/le figlie che tale qualità abbiano assunto a seguito del ricorso a tecniche di procreazione consentite all’estero[39]. Ammettere l’anzidetta condizione deteriore dei/delle minori in ragione delle modalità di concepimento, vuol dire, di fatto, reintrodurre una differenza di status fra figli/e, in spregio anche della riforma del 2012/2013. E ciò nella consapevolezza che nella valutazione concreta del miglior interesse della persona minore di età, il favor veritatis viene già sempre bilanciato con il diritto del/la figlio/a alla stabilità della relazione, pur se costituita in mancanza di legame genetico con i genitori, con valutazione da operare caso per caso.
Sicché può rintracciarsi un corollario dell’interesse del minore nella doverosità nell’assolvimento del ruolo di genitori da parte degli adulti che hanno contribuito biologicamente e/o “solo” volontariamente al progetto genitoriale, a partire dal momento in cui il relativo status sia stato acquisito per effetto della nascita del minore, a prescindere dal loro orientamento sessuale e dalle tecniche di procreazione cui si è ricorsi.
Maurizio Di Masi, ricercatore dell’Università di Perugia
[1] Si veda M. Ghisleni, Generazione arcobaleno, Torino, 2020.
[2] Corte cost., 28-01-2021, n. 32, on-line al link https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2021:32.
[3] D’altronde al figlio è riconosciuto il diritto a mantenere lo status acquisito indipendentemente dalla rispondenza alla verità biologica, e ciò in quanto il favor veritatis deve essere bilanciato con il diritto del figlio alla stabilità della relazione, pur se costituita in mancanza di legame genetico con i genitori, con valutazione da effettuare case by case: vedi Corte cost., 18-12-2017, n. 272, in Giur. it., 2018, 8-9, p. 1830 ss.; nonché Cass., 22-12-2016, n. 26767, in Foro it., 2017, I, c. 119 ss. In dottrina cfr. l’attenta analisi di M. Mantovani, Riflessioni sparse in tema di azioni di stato e interesse del minore, in Nuova giur. civ. comm., n. 6/2019, p. 1346 ss.
[4] Così S. Rodotà, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2006, p. 180, il quale sottolinea altresì che l’unicità della persona è garantita anzi dalla prevalenza della biografia sulla biologia (p. 205).
[5] Cfr. N. Carone, Le famiglie omogenitoriali. Teorie, clinica e ricerca, Milano, 2021.
[6] Si pensi al diritto del/la figlio/a al mantenimento, che spetta anche in caso di sospensione della responsabilità genitoriale in capo ai genitori adottivi: cfr. F. Scaglione, Rapporto di filiazione e diritto al mantenimento, in Diritto e Processo, 2019, p. 91 ss.
[7] Affermazione confortata anche dalla più recente giurisprudenza della Corte EDU: vedi Corte EDU, Grande Cam., 24-01-2017, n. 25358/12, in Nuova giur. civ. comm, 2017, 4, p. 501 ss., con nota di Lenti.
[8] G. Ferrando, I diritti dei bambini smarriti tra formule e modelli, in Questione Giustizia on line, 12 maggio 2020. Si veda già Corte cost. 28 novembre 2002, n. 494, in Familia, 2003, p. 848 ss., con note di G. Ferrando e S. Landini.
[9] Per tuttə cfr. M. R. Marella, Qualche notazione sui possibili effetti simbolici e redistributivi della legge Cirinnà, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2016, p. 231 ss.
[10] S. Rodotà, Presentazione, in M.R. Marella, F. Grillini (a cura di), Stare insieme, Napoli, 2001.
[11] In dottrina cfr. A. Bellelli, La filiazione nella coppia omosessuale, in Giur. it., 2016, p. 1819 ss.; N. Cipriani, Le adozioni nelle famiglie omogenitoriali in Italia dopo la l. n. 76 del 2016, in B. E. Hernández-Truyol, R. Virzo (a cura di), Orientamento sessuale, identità di genere e tutela dei minori. Profili di diritto internazionale e di diritto comparato, Napoli, 2016, p. 249 ss.
[12] In questi termini R. Romboli, Le unioni omoaffettive tra legislatori e giudici, in Liber Amicorum per Pasquale Costanzo, 17 marzo 2020, on-line al link https://www.giurcost.org/LIBERAMICORUM/romboli_scrittiCostanzo.pdf.
[13] Vedi Cass. SS. UU., 8 maggio 2019, n. 12193, reperibile on-line su Articolo29, con commenti di M. Acierno, S. Celentano, La genitorialità e la gestazione per altri. L’intervento delle Sezioni unite, in Questione Giustizia, on-line, al link http://questionegiustizia.it/articolo/la-genitorialita-e-la-gestazione-per-altri-l-intervento-delle-sezioni-unite_14-05-2019.php; M. C. Venuti, Le sezioni unite e l’omopaternità: lo strabico bilanciamento tra il best interest of the child e gli interessi sottesi al divieto di gestazione per altri, in GenIus, n. 2/2019; M. Winkler, K. Trilha Schappo, A Tale of Two Fhaters, in The Italian Law Journal, n. 1/2019, p. 359 ss.
[14] Questo è l’approccio perfezionista che pare seguire la Corte costituzionale nelle sentenze n. 221/2019 e n. 230/2020: ove rispetto alla disciplina della legge n. 40/2004 si legge che «l’idea, sottesa alla disciplina in esame, che una famiglia ad instar naturae – due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile – rappresenti, in linea di principio, il “luogo” più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato non può essere considerata, a sua volta, di per sé arbitraria o irrazionale. E ciò a prescindere dalla capacità della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di svolgere validamente anch’esse, all’occorrenza, le funzioni genitoriali» § 13.1. Per tale approccio perfezionista sia consentito il rinvio a M. Di Masi, L’interesse del minore. Il principio e la clausola generale, Napoli, 2020, in particolare p. 112 ss. La distinzione fra interesse del minore e interesse dei minori è ben delineata da L. Lenti, “Best interests of the child” o “best interests of the children”?, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 158 ss.
[15] Rispetto a cui si veda il sito ufficiale dell’associazione di genitori omosessuali ‘Famiglie Arcobaleno’ http://www.famigliearcobaleno.org/it/.
[16] In tal senso, in caso di fecondazione eterologa, si esprimeva la Corte costituzionale già nel 1998, quindi prima della legge n. 40/2004: vedi Corte cost., 26 settembre 1998, n. 347, in Foro it., 1998, I, c. 3492, con nota di Romboli.
[17] Lo sottolinea molto bene G. Ferrando, Unioni civili. La situazione in Italia alla vigilia della riforma, in Juscivile, 2016, al link http://www.juscivile.it/contributi/2016/05_Ferrando.pdf, in particolare p. 48 ss. Come osserva l’Autrice, infatti, in assenza di una legge ad hoc «il diritto dei figli alla certezza e stabilità del rapporto con coloro che effettivamente esercitano la funzione genitoriale è affidata all’intervento giudiziale, necessariamente episodico, frammentario e incerto nei suoi esiti. […] La richiesta di formalizzazione del rapporto mira ad ottenere le garanzie giuridiche che lo mettano al riparo dai rischi (ad esempio, per il caso di morte del genitore biologico, o di rottura della vita comune) e dalle incertezze che lo caratterizzano nei confronti dei terzi (si pensi alle istituzioni scolastiche o sanitarie)» p. 49.
[18] C. Irti, Digressioni attorno al mutevole concetto di ordine pubblico, in Nuova giur. civ. comm., n. 3/2016, p. 481 ss.; V. Barba, L’ordine pubblico internazionale, in Rass. dir. civ., n. 2/2018, 2, p. 403 ss. In giurisprudenza, da ultimo, Cass. civ. Sez. Unite, 31-03-2021, n. 9006, in Corriere Giur., 2021, 6, p. 858 ss., ove le Sezioni Unite specificano che rispetto al diritto della filiazione il principio di ordine pubblico viene delineato da una serie di altri principi: 1) l’autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 Cost.; art. 8 Cedu); 2) il preminente interesse del minore di origine convenzionale, ma ampiamente attuato in numerose leggi interne ed in particolare nella recente riforma della filiazione (l. n. 219 del 2012, d.lgs. n. 153 del 2013); 3) il principio di non discriminazione, rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori con riferimento in particolare al diritto all’identità ed al diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca un equilibrato sviluppo psico-fisico e relazionale, sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell’orientamento sessuale della coppia richiedente; 4) il principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale sulla base del quale la legge interna (l.n. 184 del 1983 così come modificata dalla l. n.149 del 2001 e dalla recente legge sulla continuità affettiva n. 173 del 2015) ed il diritto vivente hanno concorso a creare una pluralità di modelli di genitorialità adottiva, unificati dall’obiettivo di conservare la continuità affettiva e relazionale ove già stabilizzatasi nella relazione familiare.
[19] Da noi la questione è pacifica a partire da Cass. civ. Sez. I Sent., 11-01-2013, n. 601, in Foro it., 2013, 4, 1, c. 1193 ss. ove si sostiene che costituisce mero pregiudizio ritenere che «sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d’appello ha preteso fosse specificamente argomentata». Motivazione breve, lineare e simbolicamente assai importante, dato che riconosce per la prima volta in Italia una pari dignità all’omogenitorialità e ci dice qualcosa di fondamentale: il best interest del minore può ben andar oltre la famiglia tradizionale, nucleare, eterosessuale, gerarchica. In tal senso vedi altresì la Corte EDU, Salgueiro da Silva Mouta c. Portogallo, decisione del 21 dicembre 1999, in Articolo29.it.
[20] Corte cost., 15-04-2010, n. 138, in Giur. it., 2011, p. 537 ss.
[21] Corte cost., 10-06-2014, n. 162, in Foro it., 2014, 9, 1, c. 2324 ss.
[22] Corte cost., 18-06-2019, n. 221, in Foro it., 2019, 12, 1, c. 3782 ss.
[23] In dottrina cfr. E. Falletti, Genitorialità e identità di genere, in A. Schuster (a cura di), Omogenitorialità. Filiazione, orientamento sessuale e diritto, Milano, 2011, p. 93 ss.; G. Repetto, Figli irriconoscibili. Le adozioni omoparentali davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, in A. Schillaci (a cura di), Omosessualità, eguaglianza, diritti, Bari, 2014, p. 150 ss.
[24] Vedi Corte cost., 09-03-2021, n. 33, in Fam. Dir., con nota di G. Ferrando.
[25] Sulla deriva discriminatoria intrapresa dalla Cassazione e, in parte, dalla Corte costituzionale cfr. le interessanti osservazioni di V. Miri, Due mamme, in attesa della Corte costituzionale: riflessioni a margine di un decreto del Tribunale di Brescia, su https://www.retelenford.it/news/.
[26] Claudicante ad esempio perché da una interpretazione letterale del codice civile, ex art. 300 c.c., espressamente richiamato dall’art. 55 della legge n. 184/1983, l’adottato ex art 44 l. adozioni conserva lo status familiae originario, e non acquista legami di parentela né speranze successorie (ex art. 567 c.c.) nei confronti dei parenti dell’adottante. Stigmatizzante perché subordina l’idoneità del genitore ‘intenzionale’ al vaglio del potere pubblico (vedi infra §5.1).
[27] Paradosso confermato anche da Corte cost., sentenza n. 230/2020.
[28] Comprensibilmente, dato che uno dei fatti di cui si decide è lo stesso che ha dato il la alla pronuncia delle Sezioni Unite del 2019.
[29] In dottrina cfr. P. Morozzo della Rocca, Il nuovo stato di figlio e le adozioni in casi particolari, in Fam. Dir., n. 8-9/2013, p. 838 ss.; ma vedi anche A. Sassi, F. Scaglione, S. Stefanelli, La filiazione e i minori, in Tratt. Dir. Civ. Sacco, II ed. 2018, p. 337 ss.
[30] In tema di riconoscimento della sentenza straniera di adozione in capo a una coppia gay. La sentenza è reperibile su Articolo29.it con commento di S. Celentano, Le Sezioni Unite: sì alla trascrizione della adozione da parte di due papà, al link http://www.articolo29.it/2021/le-sezioni-unite-si-alla-trascrizione-della-adozione-parte-due-papa/.
[31] Cfr. per tutti M. R. Marella, voce Adozione, in Digesto IV, Disc. priv., Aggiornamento, 2000, Torino, p. 1 ss.
[32] In questi termini vedi già Trib. Min. Bologna, sent. 25.06.2020 (pres. est. G. Spadaro), in Questione Giustizia on-line, 27 ottobre 2020, con nota di A. Scalera, Stepchild adoption: una decisione in chiaroscuro, al link https://www.questionegiustizia.it/articolo/stepchild-adoption-una-decisione-in-chiaroscuro.
[33] Rapidità della procedura pienamente conforme a quanto auspicato, peraltro, dalla Grande Camera della Corte Edu nel parere del 10 aprile 2019, reperibile on-line al link https://hudoc.echr.coe.int/fre#{%22itemid%22:[%22003-6380431-8364345%22]}, su cui cfr. M. Gattuso, Certezza e tempi “breves que possible” per trascrizioni e adozioni in casi particolari dopo il parere Cedu 10/4/2019, in Articolo29, 6 maggio 2019; A. Schuster, GPA: la tutela del minore limite invalicabile, in Articolo29, 14 aprile 2019.
[34] Secondo quando coraggiosamente fatto da alcuni giudici di merito: vedi per tutti Tribunale di Pistoia, decreto del 5 luglio 2018 (pres. Fabrizio Amato, est. Laura Maione), in Articolo29.it. In dottrina: M. Gattuso, Gestazione per altri: modelli teorici e protezione dei nati in forza dell’articolo 8, legge 40, in Giudicedonna.it, n.1/2017.
[35] Già prima della legge n. 40/2004: vedi Corte cost., 26-09-1998, n. 347, cit.
[36] Cfr. A. M. Benedetti, Troppe riforme per un diritto in crisi? La famiglia nell’età del pluralismo complesso, in Dir. Succ. Fam., n. 2/2020, p. 393 ss.
[37] Cfr. A. Palazzo, La filiazione, in Trattato di diritto civile e commerciale A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P. Schlesinger, Milano, 2007, in particolare, Il diritto paidocentrico e il nuovo paternalismo, p. 541 ss. L’espressione ‘diritto paidocentrico’ si deve a J. Carbonnier, Droit civil, I, Paris, 1980, p. 370. La centralità del minore nelle dinamiche familiari emerge chiaramente nei contributi raccolti in M. Bianca (a cura di), The best interest of the child, Roma, 2021. M. Sesta, La prospettiva paidocentrica quale fil rouge dell’attuale disciplina giuridica della famiglia, in Fam. Dir., n. 7/2021, p. 763 ss.
[38] Cfr. M. R. Marella, Fra status e identità. L’interesse del minore e la costruzione della genitorialità, in Aa. Vv., Liber Amicorum Pietro Rescigno in occasione del novantesimo compleanno, Napoli, 2018, p. 1213 ss.
[39] Vedi in tal senso Cass. civ. Sez. I Sent., 15-06-2017, n. 14878, in Articolo29.it con commento di S. Stefanelli, Riconoscimento dell’atto di nascita da due madri, in difetto di legame genetico con colei che non ha partorito. Nota a Cass. civ., sez. I, 15 giugno 2017, n. 14878.