The “selective silence” of the Consiglio di Stato in the sentence regarding the discriminatory nature of the age limit for participation in the competition for police inspectors
di Agostino Fernicola
Il contributo analizza la sentenza n. 1030 del 30 gennaio 2023 con cui il Consiglio di Stato ha negato la illegittimità del limite di età previsto per la partecipazione al concorso per allievi vice ispettori della Polizia di Stato. La nota di commento si sofferma sulla parte di motivazione relativa alla compatibilità della norma contestata con la direttiva 2000/78/CE, allo scopo si verificare se, e in che termini, il giudice interno abbia rispettato l’espresso proposito di risolvere la questione alla luce delle più recenti pronunce dei giudici del Lussemburgo. Per tale ragione, particolare rilievo è attribuito, ai fini della analisi che segue, alla pronuncia V.T. c. Ministero dell’Interno.
The article analyzes decision n. 1030 of January 30th, 2023, in which the Consiglio di Stato denied the illegitimacy of the age limit established in the competition for cadets deputy inspectors of the Stata Police. The commentary focuses on the reasoning related to the compatibility of the contested rule with Directive 2000/78/EC, to verify whether, and to what extent, the Italian judge respected the express purpose of resolving the issue in light of the most recent judgments of the Court of Justice. For this reason, particular emphasis is given to the recent CJEU decision V.T. v. Ministero dell’Interno.
1. La vicenda
Con la sentenza n. 1030 del 30 gennaio 2023, il Consiglio di Stato ha nuovamente affrontato la questione della legittimità dei filtri anagrafici previsti ai fini della partecipazione ai concorsi di accesso alle carriere del personale della Polizia di Stato[1].
Il caso ha preso le mosse dalla mancata ammissione[2] dell’appellante al concorso indetto nel dicembre 2020 per l’arruolamento di 1000 allievi vice ispettori.
Il provvedimento implicito di esclusione era motivato dalla circostanza che, alla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione, l’interessata superava il limite anagrafico di 28 anni, previsto dal bando in attuazione dell’art. 2, co. 1, del d. m. n. 103 del 2018, a sua volta attuativo dell’art. 27 bis, co. 1, lett. b) del d.P.R. n. 335 del 1982, come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. q) del d.lgs. n. 95 del 2017.
Dopo un infruttuoso ricorso al TAR Lazio, la parte presentava appello riproponendo in chiave critica le originarie censure così riassumibili: a) violazione, da parte della normativa ut supra, degli artt. 2, par. 2, 4, par. 1, e 6, par. 1, lett. c), della direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, indi ravvisando gli estremi di una discriminazione fondata su ragioni legate all’età; b) illegittimità costituzionale della normativa ut supra per violazione degli artt. 1, 3, 4, 35 e 97 Cost.; c) violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. 7, del d.P.R. n. 487 del 1994, ritenendo che la disposizione, nella parte in cui dispone che i requisisti prescritti ai fini dell’accesso agli impieghi civili delle pubbliche amministrazioni «devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito (…) per la presentazione della domanda di ammissione», avallerebbe una lettura del bando di concorso tale per cui ai fini dell’ammissione alla procedura di selezione rileverebbe la sussistenza del requisito anagrafico al momento della sua pubblicazione, e non la sua vigenza fino alla scadenza del termine in esso indicato.
Inoltre, ad integrazione del primo motivo di appello si chiedeva la remissione della questione alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE.
Dopo la costituzione il Ministero dell’Interno, che chiedeva il rigetto dell’appello, la sez. II del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso per infondatezza.
Nel prosieguo della trattazione si analizzano gli snodi motivazionali della pronuncia relativi al primo motivo di gravame (a)), allo scopo di verificare se, e in quali termini, il Collegio si sia uniformato al diritto unionale, atteso l’esplicito proposito di risolvere la questione «alla luce dei più recenti arresti della giurisprudenza della CGUE»[3].
2. Il contrasto con la normativa europea nella ricostruzione di parte
Come anticipato, il primo motivo di ricorso si fonda sulla asserita violazione degli artt. 2, par. 2, 4, par. 1, e 6, par. 1, lett. c), della direttiva 2000/78/CE, le cui disposizioni debbono intendersi attuative del principio di non discriminazione enunciato dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza)[4].
Mentre l’art. 2 fornisce la definizione di discriminazione indiretta e diretta, ove quest’ultima consiste in un trattamento basato su uno dei motivi di cui all’art. 1 (che menziona tra i ground discriminatori l’età) meno favorevole rispetto a quello riservato, anche solo virtualmente, ad altra persona in «situazione analoga», l’art. 4, par. 1, consente agli Stati membri di stabilire che le differenze di trattamento fondate su «una caratteristica correlata a uno qualunque dei motivi» di cui al richiamato art. 1 «non costituisca[no] discriminazione laddove, per la natura [dell’] attività lavorativa (…), tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante» per il suo svolgimento, «purché la finalità [perseguita] sia legittima e il requisito proporzionato». La successiva clausola cd. di general defence[5] di cui all’art. 6, par. 1, consente, invece, di prevedere che le disparità di trattamento fondate sull’età non costituiscano discriminazione ove «oggettivamente e ragionevolmente giustificate (…) da una finalità legittima» (in particolare di politica del lavoro), purché i mezzi per il suo conseguimento «siano appropriati e necessari»; inoltre, al par. 1, lett. c) si chiarisce che tali differenziazioni di trattamento possono consistere nella «fissazione di un’età massima» che risponda alla necessità di garantire «un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».
Ebbene, secondo la ricostruzione proposta da parte ricorrente, il filtro anagrafico fissato dal bando di concorso per l’arruolamento degli allievi vice ispettori non sarebbe giustificabile né ai sensi dell’art. 4, par. 1, né ai sensi dell’art. 6, par. 1, lett. c).
Atteso che la caratteristica presa in considerazione consiste nel possesso di particolari condizioni fisiche, con riferimento all’art. 4, par. 1, si eccepisce il carattere sproporzionato del limite contestato in relazione alle concrete mansioni alle quali sono adibiti i vice ispettori. Queste, infatti, vengono intese dalla appellante non come meramente operative ed esecutive, ma anche di coordinamento del personale, potendo gli appartenenti al ruolo sostituire il superiore gerarchico, come previsto dall’art. 26 del d.P.R. n. 335 del 1982.
Questa precisazione dev’essere letta alla luce della recente sentenza con cui la Corte di Giustizia[6], pronunciandosi sulla compatibilità con il diritto unionale dell’art. 3, co. 1, del d. lgs. n. 334 del 2000, che fissa un limite di età di 30 anni per la partecipazione al concorso per commissari di Polizia, ha chiarito che i filtri anagrafici “potrebbe[ro]” considerarsi proporzionati solo nell’ipotesi in cui siano relativi all’assunzione di personale adibito a mansioni «che richiedono capacità fisiche particolarmente elevate»[7], il che, secondo la parte interessata, sarebbe da escludersi in considerazione della natura delle funzioni e dei compiti che l’art. 26 del d.P.R. n. 335 del 1982 attribuisce ai vice ispettori[8].
Peraltro, a favore del carattere sproporzionato della norma censurata depone la circostanza che, in virtù dell’art. 2, co. 2, del d. m. 103 del 2018, l’accesso dall’interno al ruolo in questione non sia sottoposto ad un limite di età, nonché il fatto che, in virtù del co. 3 della medesima disposizione, per gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno esso sia elevato a 33 anni. Secondo l’appellante, poi, la irragionevolezza della disposizione sarebbe avvalorata dalla circostanza che il limite anagrafico imposto per l’omologa, e «asseritamente sovrapponibile», figura di ispettore della polizia penitenziaria e per gli operatori del Corpo dei vigili del fuoco – ai quali sarebbe richiesto un livello di prestanza fisica maggiore – sia fissato, rispettivamente, a 32 e 30 anni.
Con riferimento alla violazione dell’art. 6, par. 1, lett. c), invece, la parte sottolinea che in primo grado non fossero emerse, né sarebbero state indagate dal giudice, «esigenze di “svecchiamento” del personale e di garanzia di un adeguato periodo di lavoro prima del pensionamento», contrariamente a quanto richiesto dalla Corte di Giustizia, la cui giurisprudenza impone «un’attentissima analisi del caso singolo», rinviandosi sul punto ai precedenti Wolf[9] e Sorondo[10].
3. La ricostruzione del Consiglio di Stato: la compatibilità con l’art. 4, par. 1
Il Collegio giudicante non condivide la ricostruzione della parte, ritenendo il limite di 28 anni ragionevole in virtù delle «specifiche mansioni richieste agli ispettori di polizia, nonché avuto riguardo all’esigenza di garantire un lasso di tempo utile prima del pensionamento».
Con riferimento alla compatibilità della norma censurata con l’art. 4, par. 1, della dir., il Consiglio chiarisce che le funzioni affidate agli ispettori di polizia, come definite dall’art. 26 del già citato d.P.R. n. 335/82, «possono svolgersi anche in modalità strettamente operative, sia sul fronte della tutela ordine pubblico che nello svolgimento di attività di polizia giudiziaria», motivo per cui il limite di età sarebbe «giustificato in relazione alla necessità di particolari condizioni di idoneità ed efficienza fisica, che devono anche essere conservate (…) per un certo arco temporale di carriera».
Il filtro anagrafico, dunque, non sarebbe un requisito irragionevole in ragione della natura operativa delle mansioni.
Il giudice, tuttavia, omette di sottoporre la norma controversa al vaglio di proporzionalità richiesto dall’art. 4, par. 1, che, peraltro, andrebbe operato in termini restrittivi, alla luce del considerando 23[11] della direttiva 2000/78/CE e coerentemente con il costante indirizzo della Corte di Giustizia[12].
Atteso, infatti, che una volta constatato che «il possesso di capacità fisiche particolari costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa (…), [si deve] (…) verificare se il limite di età (…) persegua una finalità legittima e se sia proporzionato»[13], il Consiglio di Stato non opera quest’ultima valutazione.
Sul punto, gli elementi di fatto e di diritto idonei ad assurgere a parametro di valutazione in sede di giudizio di proporzionalità sono ricavabili dalle più recenti pronunce della Corte di Giustizia.
A tal riguardo, ai fini di un giudizio sulla compatibilità con l’art. 4, par. 1, del limite di età teso a garantire che gli assunti siano fisicamente prestanti, risulta significativa l’eventuale previsione, nell’ambito del concorso, di una prova di efficienza fisica. Infatti, nella pronuncia V.T. c. Ministero dell’Interno, i giudici del Lussemburgo hanno ritenuto l’esperimento di una prova fisica eliminatoria circostanza pertinente ai fini dell’analisi della proporzionalità della normativa controversa, in quanto misura adeguata a verificare il possesso delle doti fisiche richieste dalla natura delle mansioni, ma meno restrittiva rispetto alla fissazione di un limite massimo di età[14].
Parimenti rilevante, poi, è l’assoggettamento del requisito anagrafico ad una o più deroghe, in virtù delle quali una percentuale di posti di lavoro è riservata a soggetti di età superiore a quella massima prevista. Sul punto, l’orientamento della Corte di Giustizia è tetragono, avendo recentemente affermato che «l’esistenza di tal[i] dero[ghe] (…) corrobora il carattere sproporzionato del limite di età» (…), sottolineando altresì che «una normativa è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico»[15].
Orbene, alla luce di quanto inferibile dal più recente arresto della CGUE, ci si avvede di come il Consiglio di Stato abbia omesso di operare un giudizio di proporzionalità.
Infatti, dopo aver specificato che il fondamento e la correttezza della previsione contestata trovano conferma nel modo in cui sono graduati i limiti di età per l’accesso ai diversi ruoli della Polizia di Stato[16] – motivazione, questa, che pur potendo rilevare ai fini di un giudizio sul corretto esercizio della discrezionalità legislativa rasenta, in relazione al motivo di gravame considerato, i caratteri della tautologia – il giudice di ultima istanza trascura due importanti circostanze: in primo luogo, la mancanza di limiti di età per l’accesso al ruolo di ispettori dall’interno (elemento del tutto tralasciato dal Collegio nonostante la sua menzione da parte dell’interessata) e, in secondo luogo, la previsione, ex art. 11 del bando di concorso del 23 dicembre 2020[17], di una prova fisica eliminatoria.
4. segue: la compatibilità con l’art. 6, par. 1, lett. c)
Analoghe criticità si ravvisano nella parte di motivazione dedicata alla giustificabilità ex art. 6, par. 1, lett. c), della direttiva.
Posto che avrebbe dovuto dedicarsi alla verifica della compatibilità del limite di età con la clausola di general defence esclusivamente nell’ipotesi in cui lo avesse ritenuto contrario ai canoni dettati dall’art. 4, par. 1,[18] il Consiglio sostiene, con motivazione succinta, che il filtro anagrafico di 28 anni risponda all’esigenza di garantire un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento, che per gli appartenenti alle forze di polizia è fissato al compimento dei 60 anni. Tuttavia, il giudice non motiva la legittimità del limite di età accertandone la appropriatezza e necessarietà in relazione alla finalità perseguita (ossia l’asserita esigenza di garantire una ragionevole anzianità di servizio prima del pensionamento), quanto piuttosto sulla base della non irragionevolezza delle deroghe alle quali è assoggettato.
Nello specifico, e al di là della opinabile scelta di aderire «ad un modello puramente formalistico di uguaglianza, intesa come mera assenza di irragionevolezza delle disparità di trattamento»[19], il Consiglio esclude che l’elevazione del limite a 33 anni per gli appartenenti all’Amministrazione civile e la sua assenza ai fini dell’accesso dall’interno (ossia per gli agenti) consentano di ravvisare profili di irragionevolezza ex art. 6, par. 1, lett. c), in quanto riferiti «alla diversa situazione di chi avendo già prestato servizio (…) nella medesima Amministrazione ha una posizione previdenziale aperta».
Sul punto, e prescindendo dei rilievi già formulati, il giudice erra nella parte in cui considera l’assenza di limiti anagrafici per l’accesso al ruolo di vice ispettori da parte degli agenti al fine di giustificare la compatibilità della norma censurata con l’art. 6, par. 1, lett. c) perché, invece, avrebbe dovuto tenerne conto ai fini del diverso giudizio sulla sua (non) proporzionalità ex art. 4, par. 1.
Inoltre, la circostanza che il limite anagrafico previsto per la partecipazione al concorso di commissari sia fissato a 30 anni depotenzia la motivazione del Consiglio di Stato, atteso che l’età di pensionamento per il personale della Polizia di Stato non varia in ragione del ruolo di appartenenza.
Sul punto, attesa l’impossibilità di paragonare «la figura dell’ispettore di polizia (…) a quella di commissario (…) giusta la sua diversa connotazione contenutistica in termini operativi, per molti versi assimilabile piuttosto a quella degli agenti e assistenti», desta talune perplessità la scelta di (dover) garantire agli appartenenti al primo ruolo una anzianità di servizio maggiore rispetto a quella prevista per il personale appartenente al secondo, considerato che le loro mansioni, in quanto operative e, come tali, implicanti un maggior dispiego di energie fisiche, debbono perciostesso considerarsi maggiormente usuranti.
5. Conclusioni
Nonostante l’espressa intenzione di risolvere la questione alla luce delle recenti pronunce della Corte del Lussemburgo, il Consiglio di Stato sembrerebbe aver disatteso il proprio proposito.
Al netto della laconicità delle motivazioni inerenti al primo motivo di gravame, il giudice di ultima istanza argomenta fallacemente perché, con riguardo al giudizio di compatibilità di cui all’art. 4, par. 1, inferisce la non irragionevolezza del limite anagrafico all’esito di un mero accertamento sulla natura operativa delle funzioni affidate ai vice ispettori, senza tuttavia sottoporlo ad un effettivo vaglio di proporzionalità, come richiesto dalla disposizione richiamata. Con riguardo alla compatibilità con l’art. 6, par. 1, lett. c), invece, non verifica l’appropriatezza e necessarietà del requisito controverso, pronunciandosi piuttosto sulla ragionevolezza delle deroghe alle quali è sottoposto.
In ogni caso, il Consiglio argomenta apoditticamente, senza considerare che «semplici affermazioni generiche, riguardanti l’attitudine di un provvedimento determinato a partecipare alla politica del lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale, non sono sufficienti affinché risulti che l’obiettivo perseguito da tale provvedimento possa essere tale da giustificare una deroga al principio di non discriminazione in funzione dell’età»[20].
In definitiva, nel caso trattato Cenerentola[21] parrebbe aver nuovamente perso la scarpetta[22].
Agostino Fernicola, dottorando in diritto del lavoro presso l’Università di Catania
[1] In particolare, sulla legittimità del limite anagrafico previsto per la partecipazione al concorso di allievo vice ispettore di polizia, v. Consiglio di Stato, sez. II, 1° luglio 2021, ord. nn. 3576 e 3577; Consiglio di Stato, sez. II, 4 febbraio 2022, sent. n. 781.
[2] Poi avvenuta, solo in via cautelare, per effetto dell’ordinanza n. 2237 della sez. II del Consiglio.
[3] Pt. 16 della sentenza in commento.
[4] Come chiarito dalla Corte di Giustizia a partire dalla sentenza del 19 gennaio 2010, C-555/07, Kücükdeveci, su cui v. M. Militello, Il principio di non discriminazione per età come principio generale di diritto dell’Unione europea: cosa insegna la sentenza «Kücükdeveci»., in Foro It., 2010, 3, col. 161.
[5] Secondo la definizione coniata da B. Hepple in Age discrimination in employment: Implementing the Framework Directive 2000/78/EC, in S. Fredman and S. Spencer (a cura di), Age as an equality issue: Legal and policy perspectives, Oxford, 2003, pag. 71 e segg.
[6] Il riferimento è alla sentenza della Corte di Giustizia Ue, 17 novembre 2022, C-304/21, V.T. c. Ministero dell’Interno (Italia), su cui v. F. Grillo Pasquarelli, Nota di redazione su CGUE del 17.11.22, causa C-304/21, VT, e (sia consentito) A. Fernicola, La Corte di Giustizia sul limite anagrafico di partecipazione al concorso per Commissari di Polizia: è discriminazione diretta, entrambi disponibili nel sito IEN, nonché A. Fernicola, La prevedibile illegittimità del filtro anagrafico nel concorso per commissari di Polizia, in Arg. Dir. Lav., 2023, 1, pag. 211.
[7] Vedasi, in particolare, il pt. 61 della summenzionata sentenza.
[8] Ex comma 3 «gli appartenenti al ruolo degli ispettori svolgono compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria, con particolare riguardo all’attività investigativa. Agli stessi può essere affidata la direzione di distaccamenti o di uffici o unità operative equivalenti, con le connesse responsabilità per le direttive e le istruzioni impartite e per i risultati conseguiti, nonché compiti di addestramento o istruzione del personale della Polizia di Stato. Tenuto conto dei rapporti di gerarchia, agli stessi possono essere attribuiti compiti di indirizzo e coordinamento di più unità operative nell’ambito delle direttive superiori con piena responsabilità per l’attività svolta, ovvero di direzione di sottosezioni o di unità equivalenti». Il successivo comma 5 aggiunge che «gli ispettori superiori e i sostituti commissari, oltre quanto già specificato, sono sostituti ufficiali di pubblica sicurezza e sostituiscono i superiori gerarchici, ove non rivestano la qualità di autorità di pubblica sicurezza, in caso di assenza o impedimento di questi, assumendo anche la qualifica di ufficiale di pubblica sicurezza. Sono, in via principale, i diretti collaboratori del personale della carriera dei funzionari, svolgendo, in relazione alla formazione accademica e professionale acquisita, funzioni di indirizzo e di coordinamento, con piena responsabilità, sul personale dipendente, anche appartenente al ruolo degli ispettori».
[9] Corte di Giustizia Ue, 12 gennaio 2010, C-229/08, con nota di F. Schiavetti, Limiti e deroghe al divieto di discriminazioni per età, in Riv. Giur. Lav., 2010, II, pag. 660.
[10] Corte di Giustizia Ue, 15 novembre 2016, C-258/15, con nota di R. Cosio, La discriminazione per ragioni di età nella fase dell’assunzione. I distinguo della Corte di giustizia, in Lav. Giur., 2017, 3, pag. 235.
[11] In virtù del quale è in «casi strettamente limitati [che] una disparità di trattamento può essere giustificata [perché] una caratteristica collegata (…) all’età costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa».
[12] Si vedano Corte di Giustizia Ue, 13 settembre 2011, C-447/09, con nota di R. Zucaro, La Corte di giustizia e il divieto di discriminazione in base all’età: il caso dei piloti della Deutsche Lufthansa, in Dir. Rel. Ind., 2011, 4, pag. 1187, e Corte di Giustizia Ue, 13 novembre 2014, C-416/13, con nota di V. Papa, La Corte di Giustizia e l’illegittimità del filtro anagrafico nei concorsi pubblici, in Riv. It. Dir. Lav., 2015, II, pag. 581.
[13] Corte di Giustizia Ue, 17 novembre 2022, C-304/21, V.T. c. Ministero dell’Interno, pt. 54.
[14] Si vedano, V.T. c. Ministero dell’Interno, pt. 62, Corte di Giustizia Ue, 13 novembre 2014, C-416/13, Vital Pérez c. Ayuntamiento de Oviedo, pt. 55.
[15] V.T. c. Ministero dell’Interno, pt. 70.
[16] Essendo fissato a 26 anni per l’ammissione al concorso per agente di polizia e a 30 anni in quello per commissario.
[17] Il cui comma 4 prevede che «il mancato superamento anche di uno de[gli] (…) esercizi ginnici determina l’esclusione dal concorso per inidoneità, disposta con decreto motivato del Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza.
[18] V.T. c. Ministero dell’Interno, pt. 72 e Corte di Giustizia Ue, 15 novembre 2016, C-258/15, Salaberria Sorondo c. Academia Vasca de Policìa y Emergencias, pt. 49
[19] V. Papa, Il fattore newcomer di discriminazione e il suo contemperamento con le politiche sociali nazionali, in Dir. Lav. Mer., 2011, 1, pag. 86.
[20] Corte di Giustizia Ue, 5 marzo 2009, C-388/07, Age Concern England, pt. 61. Per una analisi della pronuncia v. F. Grillo Pasquarelli, Discriminazioni per età: Cenerentola ha perso per sempre la sua scarpetta, in Questione Giustizia, 2017, Giurisprudenza e documenti. Disponibile all’indirizzo https://www.questionegiustizia.it.
[21] L’età è stata così definita da D. Izzi in Eguaglianza e differenze nei rapporti di lavoro. Il diritto antidiscriminatorio tra genere e fattori di rischio emergenti, Napoli, 2005, pag. 388.
[22] Parafrasando F. Grillo Pasquarelli, Discriminazioni per età: Cenerentola ha perso per sempre la sua scarpetta, cit.