La Cassazione ribadisce il proprio orientamento in tema di attenuazione degli oneri probatori relativi alla discriminazione e precisa che il carattere “neutro” della scelta dedotta come discriminatoria (non confermare in servizio una lavoratrice apprendista) non ha rilevanza: secondo la Corte, il presupposto logico della discriminazione (e in particolare, si può aggiungere, della discriminazione indiretta) è proprio di essere realizzata attraverso atti “che non sono intrinsecamente e dichiaratamente discriminatori”; tali condotte “neutre” “devono essere collocate nel più ampio contesto delle concrete circostanze onde verificare se il complesso degli elementi acquisiti risulta idoneo a sorreggere il ragionamento presuntivo sotto il profilo della precisione e concordanza (ma non anche della gravità) circa la esistenza di un possibile fattore di discriminazione nella scelta datoriale..”.
Per un caso analogo di scelta altrettanto “neutra”, consistente nella mancata conversione di contratto a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, cfr. Cass. 26.2.2021 n. 5476 anche con richiamo al principio di vicinanza della prova. Anche la CGUE ha ritenuto che il mancato rinnovo di un contratto a termine dovuto alla condizione di gravidanza della lavoratrice, pur non essendo equiparabile a licenziamento, possa comunque costituire una discriminazione (sentenza 4.10.2001, C-438/99).
Maura Ranieri, professoressa associata di diritto del lavoro dell’Università Magna Graecia di Catanzaro