What is indirect discrimination and how to identify the right comparator?
Nell’accertamento della discriminazione indiretta di genere che si lamenta essere stata attuata a discapito di lavoratrici part-time nella selezione per una progressione economica, il giudice , ove disponga di dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione il totale dei lavoratori assoggettati alla disposizione del bando , quindi comparare tra loro le rispettive percentuali di lavoratori e di lavoratrici part time “colpiti” dalla asserita disparita di trattamento all’interno della manodopera di ciascuna categoria, maschile e femminile .
In order to establish indirect gender discrimination against female part-time workers in a selection procedure, the judge should consider first the overall amount of workers affected by the criterion applicable and then compare the respective percentages of female and male workers affected by the contested differential treatment.
Con la sentenza n.21801 del 29 luglio 2021 la Cassazione si esprime ancora una volta sulla particolare questione interpretativa avente ad oggetto il divieto di discriminazione indiretta con riferimento al genere e, richiamandosi anche alla giurisprudenza della CGUE- ed in particolare alla sentenza 3 ottobre 2019 C-274/18 Schuc-Ghannada – in tema di discriminazione indiretta di genere in caso di rapporti part time e a tempo pieno nelle pubbliche amministrazioni- precisa ancora una volta il corretto iter interpretativo oltre che argomentativo che deve essere seguito dal giudice di merito nell’accertamento di tale fattore discriminatorio
E’ stata cassata con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Torino che, riformando la sentenza del Tribunale, aveva respinto la domanda di una dipendente dell’Agenzia dell’Entrate con contratto di lavoro a tempo parziale, non rinvenendo la lamentata discriminazione indiretta di genere nella selezione disposta dall’amministrazione per l’ottenimento di una progressione economica attraverso un bando pubblicato nel dicembre 2010. Per i giudici d’appello il bando che aveva adottato quale criterio selettivo quello attinente al computo del punteggio per esperienza di servizio maturata era legittimo, atteso che l’ esperienza veniva calcolata, per i lavoratori part time, riproporzionando i periodi di servizio alla minore attività lavorativa svolta e questa regola non produceva alcun effettivo svantaggio per le lavoratrici in quanto il criterio del riproporzionamento del punteggio si applicava indistintamente a tutti i lavoratori part time , indipendentemente dal genere.
La Cassazione ha censurato l’iter argomentativo del giudice del gravame per avere in realtà mal interpretato i concetti di discriminazione diretta e indiretta, perché valorizzando la circostanza che a tutti i dipendenti part time fosse stato riservato un identico trattamento indipendentemente dal genere , la Corte torinese aveva di fatto utilizzato un ragionamento probatorio proprio delle discriminazioni dirette.
Nel caso in esame invece la lavoratrice aveva lamentato espressamente una discriminazione indiretta, proprio ponendo in luce il carattere solo apparentemente neutro del criterio selettivo ( identico per tutti ) utilizzato dal datore di lavoro. Detto criterio infatti aveva creato un concreto svantaggio per le donne, svantaggio che andava quindi accertato avendo riguardo non al “trattamento” ma all’ “effetto” discriminatorio» ( cfr punto 13 della sentenza).
Dopo aver definito la nozione di discriminazione indiretta la Cassazione indica i principi generali a cui il giudice di rinvio deve attenersi ed il metodo che deve essere seguito nell’esame delle questioni ; principi che vanno per la Corte ricercati sia nelle norme nazionali , sia nelle fonti internazionali, dovendosi inquadrare l’istituto in un più ampio ambito normativo, costituito da fonti interne ed fonti internazionali che si integrano in uno stesso ordinamento multilivello.
Più in particolare la Corte, facendo riferimento alla definizione di discriminazione indiretta contenuta nelle fonti interne ed euronitarie richiama la previsione dell’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 198/2006, che ravvisa una discriminazione indiretta di genere ogni volta che «una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso…».
Richiamando poi, in dettaglio, i pertinenti punti delle sentenze della CGUE che affrontano il tema, la Corte precisa che ciò che soprattutto rileva nella prova della discriminazione indiretta è la necessità di dimostrare il particolare svantaggio di una categoria rispetto ad altra – e nello specifico le donne – , prova che si raggiunge dimostrando che una disposizione può colpire , negativamente , in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso.
La sentenza, rilevando l’errore metodologico – interpretativo della corte di merito, che ha verificato “l’effetto discriminatorio” con i dati statistici relativi al solo personale part time, indica il metodo che, in sede di rinvio, il giudice dovrà seguire, facendo un uso corretto dei dati statistici di cui è in possesso.
In particolare la Cassazione indica come deve operare il giudice di rinvio prendendo in considerazione la totalità del lavoratori interessati alla promozione e poi confrontare , sia per gli uomini che per le donne, le proporzioni rispettive di lavoratori che sono “colpiti” o meno dall’asserita disparità di trattamento “all’interno della manodopera”. Invero senza verificare, separatamente per genere, in che percentuale i lavoratori e le lavoratrici siano colpiti o meno dalla disposizione del bando e senza poi confrontare le rispettive percentuali, non può accertarsi l’effettiva valenza discriminatoria della disposizione, che il metodo seguito dalla Corte d’appello non è in grado di evidenziare.
L’applicazione corretta del metodo di confronto richiede quindi che si individui in che percentuale i lavoratori di sesso maschile con prestazione part time sono stati esclusi dal beneficio rispetto ai colleghi impiegati full time ; analoga operazione di confronto va fatta per il solo personale femminile full time e part time, così da verificare se ad essere state escluse dalla promozione in percentuale significativamente prevalente e dunque discriminatoria siano state le donne. Ciò sempre avendo correttamente individuato preliminarmente la categoria di dipendenti – uomini e donne- destinatari della disposizione del bando avente ad oggetto la progressione di carriera.
La Corte precisa poi che solo in caso di tale prevalenza, e dunque in presenza di un dato statistico che assurge a (principio) di prova presuntiva nell’ambito del sistema probatorio proprio delle discriminazioni , spetterà al datore di lavoro provare la sussistenza delle cause di giustificazione indicate dallo stesso comma 2 dell’ art. 25cit. (in particolare : che la disposizione adottata abbia riguardato i requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, che abbia risposto ad un obiettivo legittimo e che i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano stati appropriati e necessari).
La fine disamina del giudici di legittimità sul metodo probatorio in tema di discriminazione indiretta si conclude poi con l’enunciazione di un ultimo, ma indispensabile principio di diritto che riguarda il metodo con cui deve essere valutata l’esperienza di servizio, requisito essenziale per il riconoscimento di una progressione di carriera (nel caso specifico della progressione di cui al bando selettivo disposto dall’Agenzia dell’Entrate).
Anche su questo punto la Cassazione si riporta alle argomentazioni sviluppate dalla CGUE nella sentenza Schuc-Ghannadan 2019 prima citata, in tema di contratti a tempo determinato, laddove detta pronuncia afferma che l’apprezzamento dell’esperienza di servizio è legittimo e va verificato in base non solo all’anzianità , ma ad un complesso di circostanze del caso concreto obiettivamente valutate, che tengano conto delle mansioni effettivamente svolte e anche delle ore di lavoro effettuate , non potendosi elaborare criteri oggettivi per ogni tipologia di discriminazione.
E la Cassazione nell’indicare i principi di diritto ed i termini a cui il giudice di rinvio dovrà attenersi nell’esaminare la specifica posizione della ricorrente, si riporta espressamente a quelli indicati in particolare dalla pronuncia prima ricordata, precisando ancora che tale onere probatorio incomberà sul datore di lavoro , una volta che sia stata accertata la discriminazione indiretta, così come denunciata dalla lavoratrice.
Correttamente ed utilmente la Suprema Corte suggerisce poi l’uso da parte del giudice di rinvio dei poteri officiosi di cui all’art. 437 2°comma c.p.c., anche per indicare i precisi termini dell’indagine statistica, che dovrà seguire il metodo comparativo dalla stessa descritto in motivazione.
Sentenze della CGCE su discriminazione indiretta di genere richiamate dalla sentenza qui commentata:
*causa C-274/18 del 3.10.2019 Schuch-Ghannadan;
*causa C-161/18 dell’8.5.2019 Violeta Villar Láiz;
*causa C-313/02 del 12.8.2004, Wippel;
*causa C-4/02 e C-5/02 del 23 .10.2003 Schonheit e Becker.
Laura Curcio, già consigliera della Corte di Cassazione