Partendo dai risultati del Rapporto “Quando discriminano le istituzioni: uguaglianza, diritti sociali, immigrazione” (prodotto finale del progetto L.A.W. – Leverage the Access to Welfare), l’Autrice discute i punti di forza e i limiti delle iniziative di contenzioso strategico e di advocacy nel campo del diritto antidiscriminatorio, con particolare attenzione alla questione dell’accesso dei migranti alle misure di welfare. In contrasto con l’ascesa della narrazione nazionalistica nel dibattito politico e con l’adozione di schemi di welfare selettivi, l’articolo sostiene l’importanza di promuovere una concezione dinamica della cittadinanza, che includa tutti i membri della comunità.
Welfare
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La nota segnala i tre motivi di interesse della pronuncia torinese cioè l’applicazione dell’astreinte di cui all’art. 614bis cpc, la connessione della pronuncia con la discutibile previsione dell’art. 40, comma 6, TU immigrazione e il diniego del risarcimento sul presupposto che l’emanazione del Regolamento contenente le clausole discriminatorie costituisca atto politico.
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L’Autore ricostruisce la vicenda delle norme regionali della Regione Friuli Venezia Giulia in tema di accesso degli stranieri agli alloggi di edilizia pubblica e ai contributi pubblici per la locazione o l’acquisto. La vicenda è particolare per la resistenza opposta dalla Regione alle pronunce giudiziarie e perché evidenzia la funzione del diritto antidiscriminatorio nel correggere le decisioni di assemblee elettive quando queste siano in contrasto con norme di tutela delle componenti più deboli della società.
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Pubblichiamo il link al canale Youtube di IEN dove si può rivedere il seminario svoltosi venerdì 29.4.2022.
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La Strategia europea per la parità di genere 2020-2025, presentata dalla Commissione europea il 5 marzo del 2020, si prefigge di raggiungere entro i prossimi cinque anni l’obiettivo della parità di genere all’interno dell’Unione europea e contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile n. 5 – Gender Equality – inserito nell’Agenda 2030, adottata nel 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
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Il principale merito della legge è quello di innovare la definizione di disabilità, al fine di adeguarla alle previsioni di quella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, introducendo il principio della valutazione multidimensionale finalizzata alla definizione di un progetto individuale, personalizzato e partecipato, volto all’inclusione e alla realizzazione delle condizioni necessarie per garantire l’autodeterminazione e una vita indipendente alle persone disabili. A tale innovazione si accompagna il tentativo di riformare i sistemi di accertamento della disabilità e di semplificare l’accesso ai servizi.
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La scelta di alcune amministrazioni comunali di “disincentivare” la presenza di stranieri mediante l’incremento della tassa sulla idoneità alloggiativa era già giunta all’attenzione dei giudici lombardi con esiti identici a quelli di cui alla ordinanza qui pubblicata
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il Tribunale di Brescia ha accertato la natura discriminatoria della condotta tenuta dal Comune di Pontevico che, nell’aver comunicato l’inesistenza del diritto all’assegno di maternità di base, in mancanza del permesso di soggiorno di lungo periodo, ha dissuaso una cittadina straniera in possesso del permesso unico lavoro, dalla presentazione della domanda per l’erogazione dell’assegno di maternità.
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L’entrata in vigore, quasi in contemporanea, della legge europea 2019/2020 e delle norme sull’assegno unico universale ha decretato la fine della limitazione delle prestazioni sociali ai soli stranieri titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo; al contempo ha aperto nuove contraddizioni, che vengono esaminate nell’articolo. Numerose categorie di stranieri restano infatti ancora oggi esclusi sia dalla prestazione “universale” di famiglia, sia dalle altre prestazioni sociali.
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L’autore segnala la rilevanza della sentenza commentata (Corte Giust. UE, 28.10.2021, C-462/20), sia perché riguarda l’accesso dei cittadini extra UE a beni e servizi a disposizione del pubblico, che è problema poco considerato dalla giurisprudenza, sia perché considera analiticamente il significato delle clausole di parità di trattamento in materia sociale contenute nelle direttive relative ai titolari di permesso unico lavoro, di permesso di lungosoggiorno, di permesso per protezione internazionale e di carta blu.