La sentenza Essop and others riunisce in realtà due controversie entrambe relative alle discriminazioni indirette. La sentenza è l’occasione per la Supreme Court di chiarire, da un lato, la nozione generale di discriminazione indiretta e, dall’altro, di determinare gli elementi essenziali oggetto di prova.
Tutela giurisdizionale / Access to justice
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Alcune precisazioni della UK Supreme Court in materia di onere della prova nelle cause per discriminazione
by Anna Terziby Anna TerziNella sentenza Royal Mail Group Ltd (Respondent) v Efobi (Appellant) 23 luglio 2021 la Supreme Court UK ha deciso all’unanimità la questione del significato della modificazione nel testo della normativa di attuazione delle direttive europee in materia di discriminazione, l’Equality Act 2010, in relazione alla ripartizione degli oneri di prova nelle cause di lavoro e ha precisato e ribadito alcuni principi in materia.
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Partendo dall’analisi della decisione del Tribunale di Bologna che ha applicato il divieto di discriminazione per motivi sindacali nel caso dei riders della piattaforma Deliveroo, il contributo si concentra sulla rilevanza dell’azione collettiva nei casi di discriminazione senza vittime identificate. L’ A. critica l’idea che tale tipo di discriminazione (grazie alla sua elaborazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia) possa essere qualificata come “meramente ipotetica”, sostenendo che l’assenza di vittime identificate non preclude la violazione del divieto di discriminazione come previsto dal diritto Ue. Il contributo sottolinea l’importanza del ruolo delle associazioni della società civile nel promuovere azioni per discriminazioni collettive al fine di dare effettività alla tutela antidiscriminatoria.
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Il contributo, richiamati sinteticamente gli argomenti posti dalla Corte di legittimità a fondamento della decisione, ne individua l’aspetto di più rilevante novità nel riconoscimento del diritto del lavoratore disabile ad ottenere l’adozione di “adattamenti ragionevoli” dei luoghi e dell’organizzazione di lavoro, idonei a consentirgli lo svolgimento della prestazione in condizioni di sicurezza e di parità, un diritto cui corrisponde un obbligo del datore di lavoro diverso e ulteriore rispetto a quello di repechage. L’autrice esamina quindi l’assunto della Corte secondo cui l’obbligo datoriale di adottare tali soluzioni ragionevoli troverebbe un limite, non solo nei costi sproporzionati degli adattamenti, ma anche nel generale principio di buona fede, di cui sarebbe espressione il riferimento della norma alla categoria della ragionevolezza. Il contributo sottolinea la difficile armonizzazione dell’affermazione con le fonti sovranazionali e il rischio che essa ponga al diritto dei lavoratori disabili un limite ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge; propone quindi una diversa interpretazione, che individui i confini dell’obbligo datoriale esclusivamente nella sproporzione dei costi degli adattamenti oltre che nei diritti dei terzi.
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La sentenza n. 25400 del 20 settembre 2021 della Suprema Corte, intervenendo sul tema prescrizione in ambito previdenziale, offre l’occasione per riflettere se l’oggetto dell’azione antidiscriminatoria sia unicamente il bene della vita originariamente negato oppure se un diritto diverso e più ampio, ossia quello a non essere discriminati. Contrariamente a quanto affermato dalla pronuncia in commento, l’Autore propende per la tesi dell’autonomia di tale diritto, circostanza che porta a ritenere non applicabili allo stesso termini prescrizionali di natura speciale come quelli propri del diritto previdenziale.