The Author examines the main differences between the CJEU decisions in the Achibita and WABE cases, both of which relate to neutrality policies pursued by private employers that prohibit employees from displaying religious or political symbols. The A. argues that in the WABE decision, the Court: (1) requires for the neutrality policy to meet a genuine need on the part of that employer, which it is for the employer to demonstrate, taking into consideration the legitimate wishes of those customers or users and the adverse consequences that that employer would suffer in the absence of that policy, given the nature of its activities and the context in which they are carried out; (2) considers that such difference of treatment is appropriate for the purpose of ensuring that the employer’s policy of neutrality is properly applied, entailing such policy to be pursued in a consistent and systematic manner; (3) requires that the prohibition on displaying religious or political symbols is limited to what is strictly necessary having regard to the actual scale and severity of the adverse consequences that the employer is seeking to avoid by adopting that prohibition.
Teoria della discriminazione / Theory of discrimination
-
-
This paper examines the WABE judgment of the Court of Justice. The Author finds in the ruling a greater leeway awarded to national courts in balancing fundamental freedoms, while respecting the standards of equality set by EU law. Moreover, in the proportionality assessment, the relevance of freedom of enterprise to justify neutrality policies is decreased: such freedom prevails over the workers’ religious freedom only when, in the absence of a neutrality policy, the employer would suffer economic damages that must however be demonstrated. If such negative consequences are not proven, the neutrality policy is not objectively justified.
-
Con la sentenza 2.9.2021 la Corte di Giustizia ha posto (quasi) fine al lungo contenzioso italiano relativo all’accesso dei cittadini di paesi extra UE privi del permesso di lungo periodo all’assegno di natalità e all’assegno di maternità di base. Il giudizio è poi ripreso avanti la Corte Costituzionale che, a seguito dell’udienza 11.1.2022, ha deciso nel senso della incostituzionalità della limitazione contenuta nelle disposizioni nazionali.
-
L’autore commenta due decisioni della Corte di Appello di Trento che forniscono una interessante rilettura dell’art. 44 lett. d) della legge n. 184/1983 nel caso di famiglie omoaffettive. Le decisioni escludono l’applicazione dell’art. 55 della legge adozioni, parificando l’adozione in casi speciali all’adozione piena, perseguendo il preminente interesse del/la minore.
-
La sentenza Essop and others riunisce in realtà due controversie entrambe relative alle discriminazioni indirette. La sentenza è l’occasione per la Supreme Court di chiarire, da un lato, la nozione generale di discriminazione indiretta e, dall’altro, di determinare gli elementi essenziali oggetto di prova.
-
Alcune precisazioni della UK Supreme Court in materia di onere della prova nelle cause per discriminazione
by Anna Terziby Anna TerziNella sentenza Royal Mail Group Ltd (Respondent) v Efobi (Appellant) 23 luglio 2021 la Supreme Court UK ha deciso all’unanimità la questione del significato della modificazione nel testo della normativa di attuazione delle direttive europee in materia di discriminazione, l’Equality Act 2010, in relazione alla ripartizione degli oneri di prova nelle cause di lavoro e ha precisato e ribadito alcuni principi in materia.
-
Il contributo delinea sinteticamente le principali fattispecie di discriminazioni complesse – le discriminazioni multiple, composite e intersezionali -, come comunemente intese dalla dottrina europea, e la loro potenziale rilevanza nel diritto antidiscriminatorio.
-
Cos’è la discriminazione indiretta e come identificare il termine di comparazione
by Laura Curcioby Laura CurcioNell’accertamento della discriminazione indiretta di genere che si lamenta essere stata attuata a discapito di lavoratrici part-time nella selezione per una progressione economica, il giudice , ove disponga di dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione il totale dei lavoratori assoggettati alla disposizione del bando , quindi comparare tra loro le rispettive percentuali di lavoratori e di lavoratrici part time “colpiti” dalla asserita disparita di trattamento all’interno della manodopera di ciascuna categoria, maschile e femminile.
-
Partendo dall’analisi della decisione del Tribunale di Bologna che ha applicato il divieto di discriminazione per motivi sindacali nel caso dei riders della piattaforma Deliveroo, il contributo si concentra sulla rilevanza dell’azione collettiva nei casi di discriminazione senza vittime identificate. L’ A. critica l’idea che tale tipo di discriminazione (grazie alla sua elaborazione nella giurisprudenza della Corte di giustizia) possa essere qualificata come “meramente ipotetica”, sostenendo che l’assenza di vittime identificate non preclude la violazione del divieto di discriminazione come previsto dal diritto Ue. Il contributo sottolinea l’importanza del ruolo delle associazioni della società civile nel promuovere azioni per discriminazioni collettive al fine di dare effettività alla tutela antidiscriminatoria.
-
Il contributo, richiamati sinteticamente gli argomenti posti dalla Corte di legittimità a fondamento della decisione, ne individua l’aspetto di più rilevante novità nel riconoscimento del diritto del lavoratore disabile ad ottenere l’adozione di “adattamenti ragionevoli” dei luoghi e dell’organizzazione di lavoro, idonei a consentirgli lo svolgimento della prestazione in condizioni di sicurezza e di parità, un diritto cui corrisponde un obbligo del datore di lavoro diverso e ulteriore rispetto a quello di repechage. L’autrice esamina quindi l’assunto della Corte secondo cui l’obbligo datoriale di adottare tali soluzioni ragionevoli troverebbe un limite, non solo nei costi sproporzionati degli adattamenti, ma anche nel generale principio di buona fede, di cui sarebbe espressione il riferimento della norma alla categoria della ragionevolezza. Il contributo sottolinea la difficile armonizzazione dell’affermazione con le fonti sovranazionali e il rischio che essa ponga al diritto dei lavoratori disabili un limite ulteriore rispetto a quelli previsti dalla legge; propone quindi una diversa interpretazione, che individui i confini dell’obbligo datoriale esclusivamente nella sproporzione dei costi degli adattamenti oltre che nei diritti dei terzi.