Il principale merito della legge è quello di innovare la definizione di disabilità, al fine di adeguarla alle previsioni di quella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, introducendo il principio della valutazione multidimensionale finalizzata alla definizione di un progetto individuale, personalizzato e partecipato, volto all’inclusione e alla realizzazione delle condizioni necessarie per garantire l’autodeterminazione e una vita indipendente alle persone disabili. A tale innovazione si accompagna il tentativo di riformare i sistemi di accertamento della disabilità e di semplificare l’accesso ai servizi.
Teoria della discriminazione / Theory of discrimination
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La legge europea 2019/2020 ha aggiunto il fattore “nazionalità” ai fattori di discriminazione vietati contenuti nel d.lgs. 216/03 – attuativo della direttiva 2000/78 – ed ha esteso il campo di applicazione di quest’ultimo al di là dell’ambito lavorativo che costituiva l’originario settore di applicazione di tale direttiva.
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Con la sentenza n. 24694/2021, la Corte di Cassazione ha negato il diritto alla pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia omosessuale che aveva stabilmente convissuto per numerosi anni, ma non aveva potuto unirsi civilmente a causa del decesso di un partner prima dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà. A parere dei giudici di legittimità, seppure l’unione omosessuale è riconosciuta come formazione sociale ai sensi dell’art. 2 Cost., ciò non consente di riconoscere al partner superstite il trattamento di reversibilità in quanto quest’ultimo si ricollega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso di specie, manca.
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L’articolo riguarda il principio di parità di trattamento dei lavoratori atipici. L’autrice sostiene, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, che il principio in parola è uno dei diritti fondamentali dell’ordinamento europeo, al pari del divieto di discriminazione sulla base del sesso.
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The Author examines the main differences between the CJEU decisions in the Achibita and WABE cases, both of which relate to neutrality policies pursued by private employers that prohibit employees from displaying religious or political symbols. The A. argues that in the WABE decision, the Court: (1) requires for the neutrality policy to meet a genuine need on the part of that employer, which it is for the employer to demonstrate, taking into consideration the legitimate wishes of those customers or users and the adverse consequences that that employer would suffer in the absence of that policy, given the nature of its activities and the context in which they are carried out; (2) considers that such difference of treatment is appropriate for the purpose of ensuring that the employer’s policy of neutrality is properly applied, entailing such policy to be pursued in a consistent and systematic manner; (3) requires that the prohibition on displaying religious or political symbols is limited to what is strictly necessary having regard to the actual scale and severity of the adverse consequences that the employer is seeking to avoid by adopting that prohibition.
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This paper examines the WABE judgment of the Court of Justice. The Author finds in the ruling a greater leeway awarded to national courts in balancing fundamental freedoms, while respecting the standards of equality set by EU law. Moreover, in the proportionality assessment, the relevance of freedom of enterprise to justify neutrality policies is decreased: such freedom prevails over the workers’ religious freedom only when, in the absence of a neutrality policy, the employer would suffer economic damages that must however be demonstrated. If such negative consequences are not proven, the neutrality policy is not objectively justified.
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Con la sentenza 2.9.2021 la Corte di Giustizia ha posto (quasi) fine al lungo contenzioso italiano relativo all’accesso dei cittadini di paesi extra UE privi del permesso di lungo periodo all’assegno di natalità e all’assegno di maternità di base. Il giudizio è poi ripreso avanti la Corte Costituzionale che, a seguito dell’udienza 11.1.2022, ha deciso nel senso della incostituzionalità della limitazione contenuta nelle disposizioni nazionali.
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L’autore commenta due decisioni della Corte di Appello di Trento che forniscono una interessante rilettura dell’art. 44 lett. d) della legge n. 184/1983 nel caso di famiglie omoaffettive. Le decisioni escludono l’applicazione dell’art. 55 della legge adozioni, parificando l’adozione in casi speciali all’adozione piena, perseguendo il preminente interesse del/la minore.
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La sentenza Essop and others riunisce in realtà due controversie entrambe relative alle discriminazioni indirette. La sentenza è l’occasione per la Supreme Court di chiarire, da un lato, la nozione generale di discriminazione indiretta e, dall’altro, di determinare gli elementi essenziali oggetto di prova.
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Alcune precisazioni della UK Supreme Court in materia di onere della prova nelle cause per discriminazione
by Anna Terziby Anna TerziNella sentenza Royal Mail Group Ltd (Respondent) v Efobi (Appellant) 23 luglio 2021 la Supreme Court UK ha deciso all’unanimità la questione del significato della modificazione nel testo della normativa di attuazione delle direttive europee in materia di discriminazione, l’Equality Act 2010, in relazione alla ripartizione degli oneri di prova nelle cause di lavoro e ha precisato e ribadito alcuni principi in materia.