L’autore esamina le nuove problematiche relative al riconoscimento ed erogazione degli ANF per i familiari residenti all’estero di cittadini extra- UE, sorte in seguito all’emanazione della circolare INPS 95 del 2.8.2022, con particolare attenzione alle difficoltà di ordine pratico nel reperire la documentazione richiesta dalla circolare, alla disparità di trattamento in punto di richiesta documentale e ai più recenti orientamenti della giurisprudenza in materia di prova dei requisiti per l’erogazione della prestazione.
Razza, origine etnica e nazionalità / Race, ethnic origin and nationality
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L’autore esamina le disposizioni contenute nei primi 12 articoli del cd “decreto lavoro” n. 48/2023 relative all’assegno di inclusione e del “supporto per la formazione e il lavoro”, rilevando i punti di contrasto con il criterio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e, per quanto riguarda l’accesso alle prestazioni dei cittadini extra UE, anche con il diritto dell’Unione.
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L’autore ricostruisce brevemente i precedenti che hanno condotto ad una nuova affermazione della illegittimità di requisiti di lungo residenza nell’accesso agli alloggi pubblici, sottolienando in particolare i passaggi della Corte sul rapporto tra controllo di ragionevolezza e controllo di uguaglianza.
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L’Autore esamina l’eccezione di incostituzionalità sollevata dalla Cassazione con riferimento alla esclusione dei cittadini extra UE titolari di permesso unico lavoro dalla prestazione “assegno sociale”; la disamina considera sia il rapporto con la precedente sentenza n.50/2019, che aveva escluso un contrasto tra detta esclusione e il diritto dell’Unione, sia il tema della “doppia pregiudizialità” che la Cassazione risolve privilegiando “in prima battuta” la questione di costituzionalità rispetto al rinvio pregiudiziale.
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Partendo dai risultati del Rapporto “Quando discriminano le istituzioni: uguaglianza, diritti sociali, immigrazione” (prodotto finale del progetto L.A.W. – Leverage the Access to Welfare), l’Autrice discute i punti di forza e i limiti delle iniziative di contenzioso strategico e di advocacy nel campo del diritto antidiscriminatorio, con particolare attenzione alla questione dell’accesso dei migranti alle misure di welfare. In contrasto con l’ascesa della narrazione nazionalistica nel dibattito politico e con l’adozione di schemi di welfare selettivi, l’articolo sostiene l’importanza di promuovere una concezione dinamica della cittadinanza, che includa tutti i membri della comunità.
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La nota segnala i tre motivi di interesse della pronuncia torinese cioè l’applicazione dell’astreinte di cui all’art. 614bis cpc, la connessione della pronuncia con la discutibile previsione dell’art. 40, comma 6, TU immigrazione e il diniego del risarcimento sul presupposto che l’emanazione del Regolamento contenente le clausole discriminatorie costituisca atto politico.
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L’Autore ricostruisce la vicenda delle norme regionali della Regione Friuli Venezia Giulia in tema di accesso degli stranieri agli alloggi di edilizia pubblica e ai contributi pubblici per la locazione o l’acquisto. La vicenda è particolare per la resistenza opposta dalla Regione alle pronunce giudiziarie e perché evidenzia la funzione del diritto antidiscriminatorio nel correggere le decisioni di assemblee elettive quando queste siano in contrasto con norme di tutela delle componenti più deboli della società.
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L’autrice riassume la sentenza della Corte dei Conti 5.1.2022 n. 270/2022 che ha condannato per responsabilità contabile gli amministratori di un Comune in provincia di Brescia per aver adottato una delibera discriminatoria nei confronti dei cittadini stranieri e per averla poi difesa in due gradi di giudizio, risultando sempre soccombente.
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Pubblichiamo il link al canale Youtube di IEN dove si può rivedere il seminario svoltosi venerdì 29.4.2022.
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La presente rubrica si propone di fornire informazioni periodiche circa l’evoluzione della giurisprudenza CEDU in materia di diritto antidiscriminatorio. Come noto le disposizioni interessate sono l’art. 14 della Convenzione, che prevede il divieto di discriminazione nel godimento dei diritti garantiti dalla stessa Convenzione, ed il protocollo 12 art. 1 (generale divieto di discriminazione). Quest’ultimo ha spettro applicativo più ampio (facendo riferimento al godimento di qualsiasi diritto previsto dalla legge), ma è stato ratificato da un numero ristretto di Stati, di cui non fa parte l’Italia.