Con la sentenza n. 24694/2021, la Corte di Cassazione ha negato il diritto alla pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia omosessuale che aveva stabilmente convissuto per numerosi anni, ma non aveva potuto unirsi civilmente a causa del decesso di un partner prima dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà. A parere dei giudici di legittimità, seppure l’unione omosessuale è riconosciuta come formazione sociale ai sensi dell’art. 2 Cost., ciò non consente di riconoscere al partner superstite il trattamento di reversibilità in quanto quest’ultimo si ricollega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso di specie, manca.
Occupazione e condizioni di lavoro / Employment and working conditions
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L’articolo riguarda il principio di parità di trattamento dei lavoratori atipici. L’autrice sostiene, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, che il principio in parola è uno dei diritti fondamentali dell’ordinamento europeo, al pari del divieto di discriminazione sulla base del sesso.
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The Author examines the main differences between the CJEU decisions in the Achibita and WABE cases, both of which relate to neutrality policies pursued by private employers that prohibit employees from displaying religious or political symbols. The A. argues that in the WABE decision, the Court: (1) requires for the neutrality policy to meet a genuine need on the part of that employer, which it is for the employer to demonstrate, taking into consideration the legitimate wishes of those customers or users and the adverse consequences that that employer would suffer in the absence of that policy, given the nature of its activities and the context in which they are carried out; (2) considers that such difference of treatment is appropriate for the purpose of ensuring that the employer’s policy of neutrality is properly applied, entailing such policy to be pursued in a consistent and systematic manner; (3) requires that the prohibition on displaying religious or political symbols is limited to what is strictly necessary having regard to the actual scale and severity of the adverse consequences that the employer is seeking to avoid by adopting that prohibition.
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La questione della trasparenza retributiva di genere è attualmente al centro di specifiche linee d’intervento a livello Ue ed interno. A marzo 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva di genere attraverso la trasparenza delle retribuzioni. A livello interno, la l. 162/21 ha riformato la disciplina sul reporting aziendale e istituito un sistema di certificazione della parità di genere (anche retributiva), così come previsto dal PNRR.
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This paper examines the WABE judgment of the Court of Justice. The Author finds in the ruling a greater leeway awarded to national courts in balancing fundamental freedoms, while respecting the standards of equality set by EU law. Moreover, in the proportionality assessment, the relevance of freedom of enterprise to justify neutrality policies is decreased: such freedom prevails over the workers’ religious freedom only when, in the absence of a neutrality policy, the employer would suffer economic damages that must however be demonstrated. If such negative consequences are not proven, the neutrality policy is not objectively justified.
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Il contributo è dedicato alla nuova legge 5 novembre 2021, n. 162, recante Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. L’autrice segnala alcuni problemi collegati alla modifica legislativa della nozione di discriminazione di genere e genitorialità, una modifica che non risolve il problema del sistema complessivo nazionale che separa il genere dagli altri fattori di rischio rilevanti nella normativa dell’UE. Particolare attenzione è dedicata al modello delle istituzioni di parità in Italia.
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Prendendo le mosse dalla condizione del lavoro femminile, l’Autrice analizza la riforma interrogandosi se le novità introdotte siano in grado di contrastare le cause reali della discriminazione e della segregazione. Da questo punto di vista, mentre si sottolinea con apprezzamento la connessione tra discriminazione ed equilibrio tra lavoro e vita privata, meno convincente appare l’insieme degli strumenti allestito per rilevare le discriminazioni sul lavoro in quanto scarsamente effettivo.
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Con la sentenza in commento, il Bag sottopone alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali: anzitutto, si chiede se sia compatibile con il principio di non discriminazione riconosciuto dalla direttiva sul part-time una disposizione normativa nazionale che consenta di subordinare in modo uniforme una remunerazione aggiuntiva per i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori a tempo pieno al superamento dello stesso numero di ore di lavoro, consentendo in tal modo di prendere come base la retribuzione complessiva e non l’elemento della retribuzione relativo alla retribuzione aggiuntiva. In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), il Tribunale federale chiede alla Corte se sia compatibile con il diritto dell’Ue il trattamento meno favorevole introdotto da una simile disposizione di legge nazionale, se lo scopo della retribuzione aggiuntiva è quello di compensare un determinato carico di lavoro.
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L’A. analizza la decisione della Corte di Appello di Milano resa in un giudizio avente a oggetto il riconoscimento alla cd. madre intenzionale in coppia di genitrici dello stesso sesso dei permessi per assistere il figlio minore. Posta l’insindacabilità della questione di status genitoriale da parte del datore di lavoro, la Corte chiarisce che è discriminatorio, in ragione dell’orientamento sessuale, il diniego del congedo parentale e del congedo per la malattia del figlio richiesto dalla madre intenzionale che ha un legame genitoriale accertato da atti dello stato civile. La natura programmatica della dichiarazione del datore di lavoro contraria al riconoscimento del congedo per la malattia del figlio, in particolare, non ne esclude la discriminatorietà per via degli effetti dissuasivi che ne derivano. La lesione del diritto alla parità di trattamento è un danno non patrimoniale suscettibile di risarcimento in quanto lesivo di diritti fondamentali del genitore riconosciuti della Costituzione (artt. 2 e 3).
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Con l’art. 3, comma 4-bis del d.l. 9 giugno 2021, n. 80 (attuazione del PNRR e per l’efficienza della giustizia), l’ordinamento ha dato un segnale positivo nella direzione del completamento del percorso avviato dalla l. 170/2010 per la tutela delle pari opportunità delle persone con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), quali, ai sensi dell’art. 1 della stessa legge, dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. L’articolo si concentra sulle modifiche adottate al fine di consentire la partecipazione ai concorsi pubblici delle persone con DSA.