Nonostante la scarsità di dati sulle condizioni di lavoro in agricoltura e il fatto che non tutte le lavoratrici agricole siano sfruttate, è innegabile che esse siano maggiormente esposte a situazioni di vulnerabilità che talvolta combinano diverse forme di sfruttamento, oltre quello lavorativo che sono una causa e una conseguenza delle norme radicate nella società e della disuguaglianza tra donne e uomini nel mondo del lavoro, incluso in termini di potere contrattuale di voce e di rappresentanza.
Occupazione e condizioni di lavoro / Employment and working conditions
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La legge europea 2019/2020 ha aggiunto il fattore “nazionalità” ai fattori di discriminazione vietati contenuti nel d.lgs. 216/03 – attuativo della direttiva 2000/78 – ed ha esteso il campo di applicazione di quest’ultimo al di là dell’ambito lavorativo che costituiva l’originario settore di applicazione di tale direttiva.
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Con la sentenza n. 24694/2021, la Corte di Cassazione ha negato il diritto alla pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia omosessuale che aveva stabilmente convissuto per numerosi anni, ma non aveva potuto unirsi civilmente a causa del decesso di un partner prima dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà. A parere dei giudici di legittimità, seppure l’unione omosessuale è riconosciuta come formazione sociale ai sensi dell’art. 2 Cost., ciò non consente di riconoscere al partner superstite il trattamento di reversibilità in quanto quest’ultimo si ricollega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso di specie, manca.
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L’articolo riguarda il principio di parità di trattamento dei lavoratori atipici. L’autrice sostiene, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, che il principio in parola è uno dei diritti fondamentali dell’ordinamento europeo, al pari del divieto di discriminazione sulla base del sesso.
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The Author examines the main differences between the CJEU decisions in the Achibita and WABE cases, both of which relate to neutrality policies pursued by private employers that prohibit employees from displaying religious or political symbols. The A. argues that in the WABE decision, the Court: (1) requires for the neutrality policy to meet a genuine need on the part of that employer, which it is for the employer to demonstrate, taking into consideration the legitimate wishes of those customers or users and the adverse consequences that that employer would suffer in the absence of that policy, given the nature of its activities and the context in which they are carried out; (2) considers that such difference of treatment is appropriate for the purpose of ensuring that the employer’s policy of neutrality is properly applied, entailing such policy to be pursued in a consistent and systematic manner; (3) requires that the prohibition on displaying religious or political symbols is limited to what is strictly necessary having regard to the actual scale and severity of the adverse consequences that the employer is seeking to avoid by adopting that prohibition.
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La questione della trasparenza retributiva di genere è attualmente al centro di specifiche linee d’intervento a livello Ue ed interno. A marzo 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva di genere attraverso la trasparenza delle retribuzioni. A livello interno, la l. 162/21 ha riformato la disciplina sul reporting aziendale e istituito un sistema di certificazione della parità di genere (anche retributiva), così come previsto dal PNRR.
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This paper examines the WABE judgment of the Court of Justice. The Author finds in the ruling a greater leeway awarded to national courts in balancing fundamental freedoms, while respecting the standards of equality set by EU law. Moreover, in the proportionality assessment, the relevance of freedom of enterprise to justify neutrality policies is decreased: such freedom prevails over the workers’ religious freedom only when, in the absence of a neutrality policy, the employer would suffer economic damages that must however be demonstrated. If such negative consequences are not proven, the neutrality policy is not objectively justified.
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Il contributo è dedicato alla nuova legge 5 novembre 2021, n. 162, recante Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. L’autrice segnala alcuni problemi collegati alla modifica legislativa della nozione di discriminazione di genere e genitorialità, una modifica che non risolve il problema del sistema complessivo nazionale che separa il genere dagli altri fattori di rischio rilevanti nella normativa dell’UE. Particolare attenzione è dedicata al modello delle istituzioni di parità in Italia.
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Prendendo le mosse dalla condizione del lavoro femminile, l’Autrice analizza la riforma interrogandosi se le novità introdotte siano in grado di contrastare le cause reali della discriminazione e della segregazione. Da questo punto di vista, mentre si sottolinea con apprezzamento la connessione tra discriminazione ed equilibrio tra lavoro e vita privata, meno convincente appare l’insieme degli strumenti allestito per rilevare le discriminazioni sul lavoro in quanto scarsamente effettivo.
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Con la sentenza in commento, il Bag sottopone alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali: anzitutto, si chiede se sia compatibile con il principio di non discriminazione riconosciuto dalla direttiva sul part-time una disposizione normativa nazionale che consenta di subordinare in modo uniforme una remunerazione aggiuntiva per i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori a tempo pieno al superamento dello stesso numero di ore di lavoro, consentendo in tal modo di prendere come base la retribuzione complessiva e non l’elemento della retribuzione relativo alla retribuzione aggiuntiva. In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), il Tribunale federale chiede alla Corte se sia compatibile con il diritto dell’Ue il trattamento meno favorevole introdotto da una simile disposizione di legge nazionale, se lo scopo della retribuzione aggiuntiva è quello di compensare un determinato carico di lavoro.